martedì 31 gennaio 2012

Petizione alla Rai per sostituire Celentano a Sanremo.

Celentano uscirà presto dal suo letargo televisivo per fare una comparsata o due al festival di Sanremo. Per salire sul palco, molleggiare un po' e sparare quattro cazzate vuole trecentomila euro a puntata! E' una vergogna! E' assurdo sprecare tutti questi soldi pubblici per chiamare uno stronzetto che ha fatto giusto giusto la storia della musica italiana.

La Rai ha una lunga storia all'insegna del pluralismo, il risparmio e la lotta agli sprechi. Perché cambiare proprio con Celentano? Uniamoci nella protesta!  Chiediamo al direttore della Rai di sostituire il molleggiato con un artista che chieda meno soldi! Ecco alcune proposte:

                                                       WANNA MARCHI


Con lei come ospite, oroscopo e fattura sono assicurati. E se facciamo apposita richiesta forse viene anche il mago Do Nascimiento. Cachet previsto: Diecimila euro ed un biglietto del monopoli “esci gratis di prigione”.

                                                              
                                                           L'UOMO GATTO

Dopo la sfavillante carriera a Sarabanda, il mitico uomo gatto potrebbe dare al festival un tocco retrò. Esperto di musica e sicuro intrattenitore, si è detto disposto a capitanare la giuria.  Cachet previsto: cinquemila euro.
                                              
                                                                               
                                                            I GAZOSA

Ok, è vero, sono un po' passati di moda. Ma il loro primo e unico successo, il ridondante www.mi piaci tu rimarrà nei nostri cuori forever. Cachet richiesto: due birre ed una pizza per ciascun componente del gruppo.

domenica 29 gennaio 2012

Megavideo è morto, ed io mi sento poco bene.

Il più famoso sito di download e streaming del mondo è stato barbaramente ucciso a sangue freddo. Sebbene qualcuno pensi che dietro l'omicidio ci sia il viceministro Martone, desideroso di evitare che gli studenti italiani passino i migliori anni della loro vita a guardare serie televisive e diventino degli sfigati, è molto più probabile che l'autore dell'efferato delitto sia l' Fbi.
Oltre alle numerose prove raccolte dagli inquirenti, il fatto che ogni volta si cerchi di riesumare Megavideo compaia il gigantesco simbolo dell'agenzia federale non lascia molti dubbi sulla colpevolezza degli uomini capitanati da Di Caprio.

Che i siti di streaming siano un'incredibile fonte di cultura è cosa risaputa: bastano pochi clic per vedere un film o perdere la propria carriera universitaria. Ma questo non significa che non siano illegali: permettere di scaricare un film prima che esca nelle sale vuol dire provocare danni economici ingenti all'industria cinematografica e beffarsi del diritto d'autore. (Due azioni straordinariamente soddisfacenti, a cui i giovani di tutto il mondo si dedicano con piacevole professionalità).

Siamo di fronte a due mondi a confronto: quello di internet, che permette lo scambio infinito di contenuti e di idee, e quello del cinema americano, che invece di sfruttare le incredibili capacità del mondo virtuale ha deciso di eleggerlo a suo acerrimo nemico.

Hollywood, ed il cinema in generale, hanno due possibilità. Due vie alternative da percorrere. Possono estraniarsi completamente dal mondo virtuale e sguinzagliare l'Fbi e la Cia contro tutti i siti di streaming e sharing del mondo (che sono un po' come le teste dell'idra, più li tagli e più ricrescono) oppure capire che internet rappresenta un'opportunità e non un problema.

Forse qualcuno ai piani alti dovrebbe iniziare a domandarsi perché le persone preferiscono guardare un film ripreso da un russo ubriaco con una telecamera da due soldi piuttosto che andare al cinema. O perché il diritto d'autore, invece che aiutare gli artisti emergenti, li affossa e li distrugge.

E in Italia siamo anche messi peggio: se messa a confronto con la Siae, il Kgb sembra un ente di beneficenza.

venerdì 27 gennaio 2012

Quando una nave che affonda diventa l'immagine di un paese intero.

In un paese strano come l'Italia, dove ogni omicidio diviene un continuo, macabro reality, tutto può succedere. Persino che la Concordia che affonda venga paragonata  all'Italia e il suo comandante codardo trasformi in codardi tutti gli italiani.
A rigor di logica questa ardita comparazione dovrebbe suonare per quello che è: una gigantesca cazzata. Nessuno ha mai paragonato gli inglesi al comandante del Titanic, ne li ha incolpati per il suo naufragio. Le tragedie, esattamente come i codardi, non hanno nazionalità.
Ma la logica, in tempi di crisi e di spread traballanti, deve lasciare il posto al sospetto e all'autolesionismo. La nave da crociera che affonda non può essere solo il frutto di un errore umano. No. Deve essere trasformata nell'emblema di un paese in cui non funziona niente, dove solo i coglioni pagano le tasse e le leggi servono solo ad imbrattare i codici civili.

Il processo che ha visto la Concordia trasformarsi nell'Italia in bancarotta è una specie di via crucis del cattivo giornalismo. Prima ci hanno pensato i telegiornali, impegnandosi con tutte le loro forze per trasformare la tragedia in una squallida appendice del grande fratello, come se non fossimo mai capaci di distinguere il pettegolezzo dalla notizia. Poi è arrivato il primo colpo da maestro: Beppe Severgnigi,in un articolo senza senso sul Financial Time,dice di non voler paragonare il naufragio con l'Italia, ma in compenso paragona Schiettino con tutti gli italiani, e la Concordia con il nostro desiderio di non venire sbattuti fuori dall'Unione Europea a calci nel sedere.

Qualche giorno dopo è la volta di Marco Travaglio che, non potendo resistere alla tentazione, si mette a fare le differenze tra Berlusconi e Schiettino. Naturalmente ne esce fuori che sono più o meno uguali, con noi che siamo imbecilli ad affidarci sempre ad un uomo solo che ci lascia ciclicamente nella merda.

Dopo questa carrellata di sferzanti mostruosità giornalistiche, era ovvio che anche dall'estero trovassero il coraggio di portarci per il culo: sulla colonna on-line di Der Spiegel un certo Jan Fleischhauer scrive uno degli articoli più razzisti e offensivi che mi sia capitato di leggere su un giornale occidentale. Ma la stampa nostrana, come al solito, perde l'occasione di comportarsi da gentleman: quel genio incompreso di Sallusti per vendicarsi dell'articolo non trova di meglio che rispolverare il nazismo durante il giorno della memoria. Sulla prima pagina del Giornale, ovviamente.

Ma alla fine della fiera, il problema rimane sempre lo stesso. A forza di dire che in Italia non si può fare niente, a furia di ripeterci che viviamo nella repubblica delle banane, abbiamo finito per crederci davvero. Se vogliamo che gli altri ci prendano sul serio, forse è il caso che iniziamo a farlo anche noi.