sabato 23 marzo 2013

Bersani si faccia da parte.

Chiariamo subito un malinteso di fondo che potrebbe compromettere l'interpretazione della mia teoria. Ho grande stima di Bersani. Penso che sia una persona onesta e competente. Certo, non è un leader e non sarebbe mai dovuto essere il frontman della sinistra italiana alle elezioni, ma questo non significa che non ammiri una persona che ha cercato di essere concreto e trasparente.  Soprattutto in una campagna elettorale dove gli italiani facevano fatica ad uscire dal labirinto di stronzate cosmiche create da Grillo e Berlusconi.

Purtroppo, però, Bersani è un perdente. Lo dico a malincuore, perché pur non avendolo votato alle primarie credo che sarebbe stato un ottimo presidente del consiglio. E' un perdente perché ha perso una sfida che nessun altro in nessuna altra parte del mondo sarebbe stato capace di perdere. Si è fatto rimontare da un Berlusconi ai minimi storici e non è riuscito a svincolarsi dall'abbraccio mortale di un capopolo che fino all'altro ieri era un buffone.
Purtroppo le cose stanno così e la sinistra italiana deve prenderne atto: con le primarie abbiamo scelto il cavallo perdente perché siamo un pò perdenti anche noi, perché siamo più conservatori di quello che ci piace credere e perché siamo un pò tutti figli del partito comunista, dove l'apparato e l'obbedienza contano più della vittoria e della possibilità di cambiare le cose. Che ci piaccia o no, le cose stanno così. Poi se preferite continuare a sognare, fate come preferite. Ma quando Morfeo ci ha proposte le due pillole, noi abbiamo scelto quella rossa (in tutti i sensi) e abbiamo deciso di continuare a vivere in un mondo illusorio.




Perché Bersani ha perso? Prima di tutto per un problema di comunicazione. Gli altri leader sono stati capaci di inviare un messaggio ai loro elettori, cosa che Bersani non è mai stato in grado di fare. Certe volte sembrava così etereo e sconclusionato che la sua svogliatezza poteva essere scambiata per menefreghismo, come se si sentisse già vincitore e non dovesse sprecarsi a spiegare il suo programma agli italiani. Berlusconi ha messo in chiaro che avrebbe continuato a cacare sulle leggi e sulla costituzione, promettendo di ridare a tutti l'Imu. Grillo ha chiaramente urlato che son tutti ladri e lui è l'unico good man, the knight in the shining armour. Bersani? L'unica cosa che ho capito è che voleva creare un pò di lavoro. Un pò di lavoro? Ma che minchia significa?







Per carità, Bersani è la copia italiana di Hollande. Carisma zero, molto affidabile, la stessa parlantina di un sacchetto di platica. Ma almeno Hollande è stato aiutato dalla migliore legge elettorale d'Europa (che dovremmo copiare subito) e dal fatto che è convintamente socialista. Per decifrare l'area politica di Bersani servono quindici giornalisti ed il salotto di Vespa, roba da far accopponare la pelle. Insomma, è mancata la chiarezza. Non si è fatta campagna elettorale. Ci si è seduti dopo aver vinto le primarie.

Bersani ha cercato di convincere soltanto i suoi, quelli che nascono e muoiono di sinistra. Quelli che fanno la fila alla festa dell'unità per fare la tessera e quelli che comunque, anche se il pd fa schifo, "ma certo che lo votiamo, non vogliam mica far un favore a Berlusconi". Renzi ha tanti difetti, ma aveva capito una cosa fondamentale: coi voti del Pd rimani segretario, ma senza i voti degli italiani non vincerai mai le elezioni.

Insomma, Bersani ha sbagliato ed ha perso. Ora deve rimediare. Come? La strada che ha imboccato con la presentazione di Boldrini e Grasso alla camera ed al senato è giusta. Mettere nomi nuovi, nomi lontani dall'apparato, nomi della società civile per mettere in difficoltà i grillini. Per costringerli a fare il bene del paese, cioè formare un governo e fare quelle quattro o cinque leggi fondamentali per tornare al voto senza doversi preoccupare della tenuta sociale e democratica del paese.

Ma come, quindi dobbiamo andare dietro ai grillini? Quei populisti  là? Si, perché si deve sempre dare qualcosa per pretendere di ricevere. Perché non sono soltanto i grillini a voler vedere facce nuove. E' il paese che chiede cambiamento ed il Pd deve avere il coraggio di darglielo. A prescindere dall'esito che potrebbe avere quest'esperimento. Perché anche qualora Grillo ed i suoi parlamentari pilotati non accettassero l'accordo, il partito democratico avrebbe comunque fatto tutto il possibile per fare il bene della Repubblica.

Mi dispiace per Bersani, ma ha perso, e non è più tempo per le secondo opportunità. Deve rimanere segretario fino alle prossime elezioni, ma il candidato premier deve essere un altro. Uno che non parli attraverso metafore, uno che non nomini tacchini e giaguari mentre spiega al paese che bisogna continuare a fare sacrifici, o che cerca di spiegare alla Merkel che quest'austerity sta distruggendo la nostra economia e, diciamocelo, ha rotto i coglioni. Uno tipo Civati, per esempio.

martedì 12 marzo 2013

Riguardo il finanziamento pubblico ai partiti.



 Il finanziamento pubblico ai partiti, principale metodo di sostentamento economico dei partiti politici italiani, è stato uno dei cavalli di battaglia del Movimento Cinque Stelle, il partito che, se non si fosse capito, è l'unico vero vincitore di queste elezioni politiche.

Quando si parla del finanziamento, occorre prima di tutto tenere a mente tre cose:
-forme di finanziamento pubblico ai partiti sono presenti in tutti i paesi dell'Unione Europea, ed in particolare in quei sistemi politici che noi italiani dovremmo prendere ad esempio (Francia, Germania e Regno Unito).
-il finanziamento pubblico ai partiti, che sta ingolfando il dibattito politico odierno, rappresenta soltanto lo 0,3% del PIL. Un numero infinitesimale, assolutamente marginale rispetto ai reali problemi economici di questo paese.
-Il finanziamento, già abrogato da un referendum, è stato sempre difeso strenuamente dai partiti e odiato dai cittadini, tanto che l'argomento riemerge ciclicamente nel dibattito politico. I numerosi scandali (anche recentissimi, come il caso Belsito e Batman) hanno contribuito a dare ragione a quel partito che più di tutti (M5S) ha fatto dell'abolizione del finanziamento una questione di vita o di morte (politica). 

Abolizione del finanziamento come questione morale? 
Sicuramentte un problema di moralità c'è. Ma occorre ricordare che il  Governo Monti ha varato una legge che riduce i fondi ed aumenta la trasparenza e la rendicontazione. Il problema alla base è tutto di comunicazione: per difendere la tesi dell'abolizione del finanziamento basta citare i vari scandali della precedente legislatura, mentre per spiegare ai cittadini italiani perché occorre mantenere il sostegno pubblico serve una caratura morale ed un carisma che, in questo momento, l'unico partito che difende il finanziamento (il Pd) non ha.

Se mandi la Bindi a spiegare agli italiani che il finanziamento dovrebbe evitare la corruzione e permettere anche a chi non è miliardario di fare politica, allora prenderai sempre delle bastanate sui denti. E' già un miracolo che gli italiani non abbiano tirato fuori la ghigliottina.

Ma alla base del dilemma non c'è solo un problema di comunicazione. La divisione è anche ideologica. 
Infatti la posizione del movimento cinque stelle contro il finanziamento non è giustificata dalla continue ruberie che hanno avuto come oggetto i fondi pubblici. La tesi di Grillo si basa sulla cancellazione radicale e perpetua dei partiti, in nome di un'altra forma di democrazia che non sia rappresentativa ma diretta. Una specie di visione utopistica che vede la base guidare le scelte dell'esecutivo grazie a continui referendum ed il potere salvifico della rete.

Ora, per onore della cronoca occorre dire che le tesi di Grillo (come tutte le tesi volte a superare la democrazia a favore di un'altro sistema politico) sono irrealizzabili nelle migliori delle ipotesi. Per questo quando si appoggia Grillo nelle sua ansia di abolizione del finanziamento, occorre ricordare che il leader del movimento è contro qualsiasi forma di sussidio pubblico alla "casta", rappresentata nel suo immaginario non solo dai politici, ma anche dai giornalisti, dagli stranieri e più in generale da tutte le persone che non l'hanno votato (mi sto spingendo un pò oltre con l'analisi, ma sono sicuro che ci arriveremo). Se decidiamo di dargli retta per quanto riguarda i partiti, per onestà intellettuale dovremmo seguirlo anche nei tagli alla stampa ed al settore terziario.

Ora, come giustamente detto da scriventi più autorevoli di me, le vie da percorrere per le forze politiche sono due: quelli contro il finanziamento (Grillo e Renzi) devono spiegarci come si finanzieranno i partiti senza i fondi pubblici, e soprattutto come vogliono assicurarne l'indipendenza e l'autonomia. Le risposte come "tanto son tutti ladri", anche se di facile presa sulle persone, non risolvono la questione e semmai l'aggravano.
Invece l'unico povero cristo rimasto a difendere il finanziamento pubblico (Bersani) deve trovare argomentazioni convincenti per convincerci che ci sono buoni motivi per investire nella buona politica. Se poi lo fa senza citare i giaguari ed i tacchini ci fa un grosso piacere. 

lunedì 11 marzo 2013

Cambia tutto, anzi non cambia un cazzo.

Mentre lo spread sale inesorabile e l'offerta di lavoro diminuisce, il nodo gordiano che strozza il paese rimane lo stesso. Grillo si allearà con Bersani oppure no?
E poco importa se la questione è e rimane tutta elettorale: Grillo, che non ha ancora capito che le elezioni sono terminate, spera con tutto il cuore che Bersani sia così incauto da allearsi con B, ottenendo così un plebiscito alle prossime elezioni.
Ma Pierluigi sembra essersi fatto furbo, capisce che il giaguaro Italia ormai non è smacchiabile, ma occorre salvare baracche e burattini. E così le ipotesi migliori per questo paese son tutti scenari che farebbero inorridire qualsiasi altra democrazia occidentale: governo di minoranza, governo tecnico bis, governo di grillo con appoggio esterno dei partiti tradizionali.
Roba che si fa soltanto in Belgio, con tutto il rispetto per i cavoletti di Bruxelles.

E allora cosa gli vai a dire, a questi nuovi e vecchi politici che tengono in ostaggio il paese da vent'anni? Che si diano una mossa? Che inizino a parlare di contenuti, dei problemi del paese? Che facciano finalmente un'altra legge elettorale, magari una o due disposizioni sul conflitto d'interesse, che so, qualche misura anticiclica contro la crisi? Certo che anche qualche norma contro la corruzione non sarebbe mica male!

Poi leggi cose come questa e capisci che l'attuale situazione politica è senza via d'uscita:


Vorresti metterti a spiegare a Grillo che la democrazia significa prima di tutto compromesso, trovare soluzioni comuni partendo da soluzioni divergenti. Che queste idee à la Robenspierre serviranno soltanto a prolungare l'agonia del paese...ma poi capisci che è come spiegare la costituzione a Berlusconi. Non è che non ci arrivi, semplicemente non gliene frega un cazzo.

Che Grillo sia l'effetto e non la causa credo sia chiaro a tutti. Il motivo per cui gente che pensa che gli americani ci controllino la mente attraverso microchip sottocutanei è finita in parlamento la potete trovare su questa foto:

 Ossia i parlamentari del Pdl che fanno un sit-in di protesta al tribunale di Milano. Sapete la prima cosa che ho provato guardando questa foto carica di assurdità e botulino? Non è indignazione, assolutamente no. Il fatto che i parlamentari del mio paese si occupino delle grane giudiziarie del loro datore di lavoro invece che dei miei problemi non mi indigna più da un pezzo.
Quello che provo, piuttosto, è noia. Un'incredibile e continuata sensazione di noia, vedendo il mio paese fare sempre gli stessi errori, bloccato sempre nelle stesse situazioni.

E allora la domanda che sorge spontanea è sempre la stessa.
DOVE CAZZO STA LA SINISTRA?

Dubbio amletico che attanaglia la mente di parecchi italiani. Possiamo essere sicuri soltanto di una cosa, però. Che Crozza imitando Zapatero riesce ad essere più carismatico di Bersani.