lunedì 23 maggio 2011

Il preoccupante caso di Dominique Strauss-Kahn.

Dominique Strauss-Kahn, presidente del fondo monetario internazionale e favorito alle imminenti presidenziali francesi, è stato arrestato a New York con l’accusa di aver stuprato una cameriera di origini africane.
I  processi che coinvolgono personalità di così alto livello risvegliano sempre i peggiori comportamenti delle persone.  Noi, sommersi dai processi berlusconiani, lo sappiamo bene.

Tuttavia il principio che dovrebbe guidare le democrazie occidentali è quello della parità dei diritti e dei doveri e nessun processo mediatico dovrebbe sostituirsi a quello giudiziario. Perché, sebbene con i suoi difetti ed i suoi limiti, il processo fatto dai giudici è il frutto di secoli di lavoro al fine di ottenere un risultato che sia il più vicino possibile a uguaglianza e giustizia. Quello mediatico invece si basa sull’auditel, sulla risonanza internazionale, sull’ingegno dei cd “giornalisti”: non mi sembra ci siano gli estremi per considerare i processi televisivi equi ed imparziali.

Se partiamo da questo presupposto, e dal fondamentale principio giuridico della presunzione d’innocenza, appaiono quanto mai inopportune sia le prese di posizioni francesi, che gridano subito al complotto e difendono Dsk a spada tratta, sia quelle statunitense, che si vantano del proprio sistema giuridico, a loro dire capace di trattare i poveri ed i potenti allo stesso modo.

I francesi sbagliano. Sbagliano a vedere complotti in ogni dove, e soprattutto sbagliano quando ricordano al mondo tutti i pregi e tutte le cose buone fatte dal presidente del fondo internazionale. Tutti riconosciamo i meriti di Dsk, ma questo non significa che sia innocente. Non è solo una questione di giustizia per il francese, c’è anche il diritto della donna americana da tutelare.
Senza contare che molte delle difese funamboliche che ho sentito negli ultimi giorni rasentano l’assurdo. Tutti conoscono la passione del socialista per il bere e le donne,  dire il contrario è come affermare che fa freddo su marte.

Anche molti americani sono chiusi in un ostruzionismo ideologico che non fa bene al naturale svolgimento del processo.  Tanti, troppi giornalisti si gonfiano il petto e glorificano il sistema giudiziario statunitense, che a parer loro non fa “sconti a nessuno”. Eppure anche questo comportamento mi sembra quanto meno bizzarro, primo perché gli Stati Uniti rimangono comunque uno dei paese in cui sono più forti le differenze tra ricchi e poveri (anche a livello giudiziario), secondo perché portare in tribunale un politico dovrebbe essere la normalità. In una democrazia dovremmo essere tutti uguali di fronte alla legge (sig).

Negli Stati Uniti mi sembra che lo spirito puritano che ha già fatto tanti danni alla nazione rinasca ogni volta che i fenomeni sociali e politici assumono una certa valenza, soprattutto internazionale. Ma l’imparzialità e l’equidistanza in questo processo sono quanto mai importanti per ottenere giustizia. Perché c’è’ una donna che potrebbe essere stata stuprata. Merita giustizia. Oppure c’è un uomo che potrebbe essere stato infangato e imprigionato ingiustamente. Merita compensazione. Entrambi, comunque, meritano una presunzione di innocenza che fino ad ora non hanno avuto.  

sabato 21 maggio 2011

Acquaroli, Grazie.


Sembra che ormai la notizia sia ufficiale. Francesco Acquaroli, candidato  presidente della provincia di Macerata in una coalizione formata da Sel e Federazione della sinistra, non farà parte della giunta Pettinari, neanche qualora quest’ultimo vincesse il ballottaggio con il candidato berlusconiano.
Ho spiegato in un mio precedente post i motivi per i quali la candidatura di pettinari mi provoca l’orticaria (http://francescopennesi.blogspot.com/2011/05/pettinari-una-scelta-irrazionale.html) e non nego che  al ballottaggio presenterò scheda bianca.
Credo poi che la sinistra abbia una speranza di successo solo ove si presenti unita. Idv, Sel e Pd devono trovare obiettivi e idee comuni per presentare insieme un unico progetto che rispetti le rispettive diversità ma che sia prima di tutto unitario. E’ questo quello che chiedono gli elettori. Con l’eccezione di particolari enclave come Napoli o Macerata, dubito fortemente che la sinistra riuscirà ad ottenere qualcosa di più che una misera sconfitta senza l’unione delle forze progressiste del paese.
Ma tale unità deve partire da basi certe e soprattutto un progetto credibile. Se i presupposti sono cedevoli, lo sarà anche la coalizione su cui sono basati. Proprio per questo il comportamento del Pd maceratese non lasciava in realtà spazio ad alcuna scelta. Se Pettinari, ex vicepresidente della giunta berlusconiana, era l’unica via percorribile, allora Sel e federazione dovevano trovare altre strade.
Proprio per questo Francesco Acquaroli ha raggiunto il dieci per cento dei voti. Un risultato buono, anche se non eclatante. In quel  10% c’è un elettorato militante, fiducioso, pieno di volontà. Un elettorato che non avrebbe capito un eventuale salto tra le braccia del Pd/Udc.
Un elettorato che non è stato deluso.
Grazie della scelta.

venerdì 20 maggio 2011

RUBRICA (INFINITA) SUI PROBLEMI DELLA POLITICA ITALIANA.

Quali sono i principali problemi della politica italiana? Poche voci per una rubrica che descriva alcuni dei difetti di tutti i partiti e movimenti italiani, dai grillini ai berluscones,passando per i dipietristi.

Personalismo: una delle piaghe della politica italiana è il centralismo carismatico dei leader. In Italia più che dei partiti alimentati da idee ed obiettivi ci sono dei gruppi legati ad un personaggio atipico, fuori dalle righe, il più delle volte logorroico (Silvio) e sgrammaticato (Tonino). Pensiamo all’Idv con Di Pietro, Sel con Vendola, la lega con Bossi. Naturalmente il pdl con Berlusconi. E quanto pensate che sopravvivrebbe il moVimento senza Grillo? Dieci minuti?

L’arte di giocare a scaricabarile: i politici italiani non entrano mai nel dettaglio. Parlano sempre generalmente. Eludono le critiche glissando sull’argomento, oppure fingendo che ci sia un complotto. Così se si organizzano festini a luci rosse con prostitute minorenni è colpa dei giudici politicizzati, se si porta Scilipoti in Parlamento è colpa della legge elettorale e se c’è un assessore alla sanità pubblica che produce anche protesi biomediche è colpa di D’alema che aveva giurato fosse una brava persona. Vatti a fidare di quelli con i baffi.

Deliri di onnipotenza: Questa è una specialità tutta italiana. L’arte di paragonarsi a Dio e trovarsi sempre e comunque più belli, più bravi, più cool. Così il re dei padani giura di averlo sempre duro, il re dei nani con i tacchi assicura di essere il miglior premier della storia della repubblica (e di trovare una cura per il cancro entro tre anni). Certo anche Beppe il cabarettista, che si definisce l’antipolitica ed assicura di essere “al di sopra” dei partiti, mi preoccupa un po’. Fortuna che c’è Bersani, che si ritrova a guidare un carrozzone talmente sgangherato che fare lo splendido è impossibile.

Crisi di identità: I politici italiani, si sa, non sono proprio convinti delle loro idee. Così è normale che gente come Moffa cambi schieramento tre volte nella stessa legislatura, che nasca un gruppo chiamato “i responsabili/disponibili” ed il parlamento si trasformi nel mercato delle vacche. Il mio trasformista preferito rimane comunque Capezzone: da segretario dei radicali a galoppino/portavoce di Silvio, tutto nella stessa carriera politica.

Alta litigiosità: L’amore non è bello se non è litigarello. Proprio per questo i partiti hanno una durata media di tre giorni. Scadono come le mozzarelle. Qualcuno litiga, prende e se ne va. Ma non preoccupatevi, tanto poi tornano insieme! Rutelli perde e se ne va. Vendola perde e se ne va. Fini vince e viene cacciato. S’è la vie!

L’arte di dire cazzate con la faccia di bronzo: “ E’ una vergogna! Hanno comprato la casa in cui vivo a mia insaputa! Potevano avvertire, almeno. “   (scajola, l’uomo che riceve case senza saperlo) “Berlusconi è il male ed io sono la cura” (Di pietro che si immedesima nell’ispettore Callaghan). “il Pd è unito.” (Bersani mentre si accorcia le maniche della camicia). “Con Bossi neanche un caffè” (Fini prima di governare il paese insieme alla lega per otto anni). “eliminerò i rifiuti da Napoli, costruirò un ponte sullo stretto, andrò sulla luna a piedi, sconfiggerò la morte, trasformerò l’Italia in un’isola etc etc etc. (Berlusconi dopo essersi fatto di crac).

Non preoccupatevi! La lista continua…. TO BE CONTINUED.

domenica 15 maggio 2011

Aut Caesar aut nihil

La famiglia Borgia fu una delle dinastie più potenti del rinascimento. Di origini catalane, sono passati alla storia per gli amori, i tradimenti, gli assassinii e le presunte relazioni incestuose.
L’importanza dei Borgia nella storia d’italia non va cercata nel capostipite della famiglia, il papa Alessandro VI, ma nel genio politico di Cesare Borgia, il più anziano dei suoi figli. Cesare infatti fu l’unico politico preunitario che vide nella penisola italiana una futura nazione, tanto che all’apice del suo successo militare volle farsi chiamare Re d’Italia.

Fu così perspicace da utilizzare il papato, che fino a quel momento era stato un grave impedimento all’unione politica dell’Italia, come il principale mezzo di conquista delle città-stato italiane. Egli fu forse l’unico della sua epoca a capire che in alcun modo i signori feudali italiani sarebbero stati capaci di contrastare la Francia e la Spagna.  Sognò un’Italia unita sotto l’egida del papa e dei Borgia.

Il suo progetto era ambizioso, sicuramente prematuro. Eppure ebbe quasi successo: servendosi  del l’inganno, dell’assassinio e della guerra riuscì a controllare direttamente ed indirettamente gran parte della penisola. Se suo padre non fosse morto prematuramente, abbandonando il soglio pontificio, forse la storia d’Europa sarebbe diversa.

Descritto da Machiavelli come il prototipo dell’uomo politico moderno, Cesare Borgia fu capace, con il suo comportamento avventuroso e sfrenato, di incarnare il rinascimento e far intravedere un futuro che era molto al di là da venire.  Il suo insuccesso, a mio parere, condannò il nord Italia a quattrocento anni di divisioni e lotte fratricide,ed il sud ad altrettanti anni di dominio straniero e baronati che ne avrebbero causato il declino culturale ed economico.

Le sue azioni dimostrano come, nonostante quello che dicano molti storici, l’idea di Italia era ben presente nelle menti di tutti gli abitanti della penisola molto prima dell’unificazione. Non si parlava solo la medesima lingua, si sognavano anche le stesse cose.

E’ doveroso ricordare come Cesare fu anche l’ultimo mecenate italiano di Leonardo da Vinci, che chiamò alla sua corte come tecnico e genio militare. Ma le sue idee erano troppo avanti con i tempi, persino per i Borgia: mentre in Europa si combatteva all’arma bianca e con i cannoni, Leonardo presentava a Cesare i progetti dell’Aeroplano, della mitragliatrice e dei carri armati. Era giusto giusto cinquecento anni avanti alla Storia.

Per avere un’idea della storia dei Borgia scevra dalle leggende popolari , consiglio la visione di The Borgias, una serie di showtime correntemente in onda, oppure la lettura di aut Caesar aut nihil, un libro di Montalban il cui titolo è anche il motto della famiglia. Una famiglia che volle tutto, e fu vicina ad ottenerlo.  

sabato 14 maggio 2011

Pettinari: una scelta irrazionale.

Domani, alle elezioni amministrative nella provincia di Macerata, il partito democratico si presenterà in coalizione con l’Udc.
Sono sempre stato contrario ad un’alleanza del centro sinistra con il partito di Casini. Sia perché non mi sentirò mai vicino ad un partito che si richiama alla Dc, sia perché senza l’elezione di Cuffaro (condannato per mafia)  l’Udc non avrebbe mai superato lo sbarramento al 4% e non  si troverebbe neanche in parlamento.

Occorre poi ricordare che il partito democratico è già di per  sé una “coalizione” di forze in cui l’area centrista-cattolica è ben rappresentata (Rosy Bindi, Binetti, Fioroni). Se a questa corazzata potemkin ci si aggiunge anche un partito democristiano, la domanda sorge spontanea: cosa ci rimane di sinistra? Quasi niente.

Eppure a Macerata è successo l’inimmaginabile: Pettinari, esponente dell’Udc che nella scorsa legislatura era VICEPRESIDENTE di un governo di centrodestra, adesso è il candidato leader in una coalizione di centrosinistra. Questo mostruoso salto della quaglia è avvenuto senza imbarazzo alcuno, anzi  rivendicando i “risultati” ottenuti precedentemente sotto l’egida berlusconiana.

Queste scelte sono imbarazzanti, soprattutto perché il Pd dovrebbe essere la principale forza di opposizione al Berlusconismo.  Ma per rappresentare veramente un’alternativa occorre comportarsi in maniera diversa. Non ha molto senso denunciare il trasformismo in parlamento se poi a livello locale si adottano i medesimi metodi.

Ed allora mi chiedo: per quanto tempo il Pd continuerà a compiere queste scelte abominevoli in nome della “lotta a Berlusconi”? per quanto tempo gli elettori dovranno “turarsi il naso”, far finta di non vedere queste mosse di bassa politica,pur di non darla vinta alla destra?

Io a questo livello non mi abbasso. Mi dispiace, ma sono di sinistra. E Pettinari non lo voto.

martedì 10 maggio 2011

A PROPOSITO DI UNIVERSITA’ E SCUOLA PUBBLICA

Pubblico una nota scritta dal senatore accademico (e amico) Marco Monaldi. Offre vari spunti di riflessione che è bene cogliere.


Tutto molto facile quando si parla di Scuola e Università. Tutti pronti a urlare ai quattro venti che l’Università, la ricerca e il sapere in generale sono la più grande risorsa del nostro Paese. Perché studiare è importante, studiare ti fa crescere, studiare ti permette di emanciparti. Insomma, lo studio è tutto..
Credo che tutti noi abbiamo sentito queste parole da genitori, nonni, zii, amici più grandi, educatori. Ma in particolare credo che l’abbiamo sentite in televisione, nei telegiornali, in programmi vari, forse persino in qualche puntata del grande fratello o di qualche show televisivo.
Ebbene si, studiare è importante. E’ formazione,  sapere, maturità. E’capacità di leggere la storia, comprendere le dinamiche sociali, politiche, economiche. E’ possibilità di avere coscienza critica su ciò che ci circonda. Credo che questo vada detto,  e non è mai superfluo riaffermarlo.
Purtroppo però la situazione è diversa. L’ipocrisia di questa fase storica è troppo forte e in particolare una buona dose di politici utilizzano la Scuola e l’Università come strumento di consenso e di propaganda elettorale.

Una riflessione su temi concreti:
Mi limito a riportare alcuni dati, in particolare economici, con i quali spesso faccio i conti, cercando di darne una lettura sempre oggettiva e con l’intento di strutturarli affinchè possano rispondere nella maniera migliore possibile alle esigenze di tutti noi studenti.
Spero di suscitare una riflessione, e perché no, anche “indignazione”, come dice  Stéphane Hessel nel suo opuscolo ormai diventato famosissimo.
Come studente eletto al Senato Accademico dell’Università degli studi di Macerata, dopo un anno circa di esperienza, mi sono reso conto, dall’interno, di quella che è la situazione in cui si sviluppa il diritto allo studio e in generale il mondo della scuola e dell’Università. Tra il 2010 e questo inizio di 2011 ho toccato con mano le problematiche legate ai tagli da parte del Governo statale e l’ipocrisia con cui vengono affrontate.
A proposito di borse di studio:
La borsa di studio è quello strumento, garantito dallo Stato e dalle Regioni agli studenti bisognosi e meritevoli, che comprende il vitto, l’alloggio, servizi, più una parte di liquidità economica. Queste borse danno a molti ragazzi/e la possibilità di studiare in maniera dignitosa, pur se privi di mezzi. Niente di più di ciò che stabilisce la nostra Costituzione all’art. 34, III e IV comma.
Alcuni dati. Il finanziamento statale per il 2010: 246 milioni di Euro, da dividere tra le venti Regioni. In linea di massima si riusciva a coprire in questo modo circa il 90% degli studenti idonei e vincitori della borsa nelle fasce del Nord e Centro italia, e il 60 % degli idonei al sud. La finanziaria 2011 ha imposto un forte taglio prevedendo un finanziamento di soli 125 Milioni di Euro. Un taglio di circa 120 Milioni,pari al 50 % del totale. La previsione di bilancio per i prossimi anni vedrà un ulteriore depuramento delle somme. Nel 2013 avremo un finanziamento di soli 12 Milioni di Euro. Complessivamente il taglio in tre anni sarà di 234 Milioni. Aggiungo anche che i concomitanti tagli ai trasferimenti statali per le Regioni comporteranno un ulteriore problema, in quanto l’ente Regionale è partecipe del finanziamento alle borse. E, da alcuni calcoli, il taglio previsto per le Regioni comporterà un’ulteriore riduzione nel fondo per il solo 2011 di 23 Milioni di Euro, arrivando perciò a 101 Milioni.
Una situazione insopportabile:
Qualcuno potrebbe non crederci, ma così stanno le cose. Già quest’anno abbiamo fatto i conti con la carenza finanziaria.  Per rimanere dentro la nostra Regione, è bene ricordare che già nel Settembre scorso circa mille studenti degli atenei di Urbino e Ancona, nonostante idonei e vincitori di borsa, non ne erano beneficiari, in quanto mancavano i soldi per pagarle. A seguito delle manifestazioni nazionali e di quella regionale (17 Novembre 2010 sotto i palazzi della Regione Marche, vedi allegato http://www.facebook.com/note.php?note_id=178672955476598 )
siamo arrivati alla firma di un protocollo d’intesa con la Regione. In sede di approvazione della finanziaria, la stessa ha previsto un finanziamento straordinario 2, 5 Milioni di Euro per le borse di studio degli studenti marchigiani. Una importante boccata d’ossigeno limitatamente a quest’anno.
Ulteriori considerazioni generali:
Quella delle borse è solo una delle tante cose di cui si potrebbe discutere. Analoga riflessione vale per:
-finanziamenti alle Università per dipartimenti e centri di ricerca
- blocco delle assunzioni per ricercatori e docenti
- taglio ai finanziamenti delle “borse erasmus” per  studenti e dottorandi.                                                       Ci dicono che le esperienze all’estero sono fondamentali. Purtroppo si predica bene e si razzola male.
In questo quadro di tagli drammatici, si inseriscono ulteriori problemi, come la continua delegittimazione  dei professori e degli educatori in generale, definiti dallo stesso Presidente del Consiglio “insegnanti di Sinistra che nella Scuola Pubblica inculcano ideologie e valori diversi da quelli della famiglia”.
Credo che gli insegnanti si occupino di ben altro, piuttosto che inculcare ideologie Comuniste (parola nobile sotto il profilo etimologico e non solo) e valori contro la famiglia.
Il Futuro e la cultura:
 Un futuro da guardare alla luce del passato e del presente. Un futuro a cui dobbiamo guardare necessariamente con speranza. La destrutturazione della Scuola e dell’Università, che ormai da diversi anni si sta cercando di mettere in piedi, deve essere combattuta con la forza della cultura. Cultura che  è l’arma principale che noi studenti abbiamo. Non possiamo limitarci a guardare da fuori e da estranei a questa situazione. Dobbiamo farci carico di esternare il nostro malessere, di pensare a ciò che c’è di positivo rendendolo ancora migliore, e di guardare a quello che è negativo, comprendendolo, criticandolo, e proponendone un’alternativa. Cè necessità di una Scuola e un’Università accessibili a tutti, che proponga modelli culturali diversi da quelli dei mass media, che sia attento e sappia leggere le dinamiche attuali: l’iper-liberismo, l’immigrazione, la questione meridionale, gli squilibri economici tra nord e sud del mondo, le guerre neo-colonialiste, i movimenti femministi, il rispetto della laicità dello Stato.
La scuola, l’Università e il sapere sono il nostro futuro e il futuro della Società Italiana. Non possiamo rimanere con gli occhi chiusi e con le mani legate. Adoperiamoci collettivamente..
P.S. Rivolgo un sincero ringraziamento, in occasione della giornata della memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi, a tutti coloro che hanno combattuto per la legalità e per un mondo migliore.
Ringrazio con commozione il compagno Peppino Impastato, di cui oggi ricorre anniversario della morte, 9 maggio 1978.
 Un doveroso pensiero anche ad Aldo Moro.

                                                                       Marco Monaldi

domenica 8 maggio 2011

Il futuro delle nostre spiagge.

http://it.wikipedia.org/wiki/Direttiva_Bolkestein
L’Italia ha un tesoro che fattura ogni anno milioni di euro: le spiagge.
Ogni stagione estiva le nostre spiagge vengono assaltate da turisti provenienti da ogni dove che producono, consumano, fanno “girare” l’economia.  Tutti riconoscono il valore naturalistico ed economico dei litorali, tanto che rientrano nel cd demanio necessario, ossia tra quei beni statali che non possono essere in alcun modo alienati ai privati.
Eppure in Italia a sfruttare questo patrimonio sono sempre gli stessi imprenditori. Il diritto di superficie, necessario per avere in uso la spiaggia, viene automaticamente rinnovato ogni sei anni ai titolari degli stabilimenti balneari, che spesso conducono un’attività estremamente lucrativa pagando allo stato cifre irrisorie.
                                                          
La direttiva Bolkestein, di matrice europea, ci impone di indire periodicamente delle aste per godere del diritto di superficie sulle spiagge, affinché queste non diventino proprietà permanente di pochi. Lo scopo della norma è chiara: permettere un salutare ricambio degli imprenditori balneari, mantenere le coste decementificate e pubbliche, aumentare la competitività del turismo.
Eppure, come spesso succede, l’Italia non si è uniformata ad i dettami europei. Per non incorrere nelle ire dell’Assobalneari (l’associazione dei gestori dei bagni legata a Confindustria) Tremonti ha continuato a rinnovare automaticamente le concessioni sempre agli stessi gestori.

Ma la violazione non finisce qui. Proprio mentre è in corso una procedura per valutare l’infrazione del governo alla direttiva (che costerà alle casse dello stato una multa salata), l’articolo 5 del prossimo decreto sviluppo vuole confermare, senza nessuna asta, la concessione delle spiagge agli attuali gestori per novant’anni!
In questo modo le spiagge verranno di fatto privatizzate, concesse in mano a pochi che continueranno a sfruttarle pagando pochissimo, con buona pace degli utenti (ossia noi) e della normativa europea.
Il governo Berlusconi si dimostra ancora una volta liberale nelle parole, ma verticista e immobilista nei fatti. Pur di non perdere il consenso degli industriali, fa un danno ai cittadini ed a tutto il paese.

Le spiagge sono un bene pubblico, e tale devono rimanere. Dobbiamo trasformarle nella punta di diamante del nostro turismo, non nell’ennesima maniera per far arricchire pochi alle spalle di tutti. Proprio per questo è giusto indire delle aste decennali al fine di ridistribuire le concessioni e aumentarne la competitività.

Ovviamente gli attuali gestori che hanno investito ingenti somme di denaro nel proprio stabilimento avranno necessità di ammortizzare i costi. Proprio per questo le modalità ed i tempi per indire le aste dovranno essere decisi con molta attenzione.
Ma non si può essere liberali solo negli slogan pubblicitari. E, come è già successo con le quote latte, non possiamo continuare a pagare tutti per mantenere i privilegi di pochi.

giovedì 5 maggio 2011

Una Repubblica clientelare fondata su Scilipoti


Alla fine è accaduto l’inevitabile: il rimpasto di governo c’è stato. Nove  responsabili sono entrati nell’organigramma di governo come sottosegretari, oltre al (leader) Romani che, meno di tre settimane fa, è stato promosso da inquisito per mafia e corruzione a ministro dell’agricoltura.
Berlusconi giura che questi nuovi incarichi servono per le riforme, anche se non si capisce poi a cosa possa servire nominare uno come Calearo (ex Pd e Udc), con zero esperienza in tutto ciò che non riguardi trasformismo e sommovimenti parlamentari, consigliere economico del primo ministro.
Tutto questa farsa (e questo spreco di denaro pubblico) riesce addirittura a superare gli scempi del governo Prodi, che aveva dovuto affidare il ministero della giustizia a Mastella (laureato in filosofia, zero esperienza giuridica) ed aveva sdoppiato il ministero dei trasporti pubblici e quello delle infrastrutture pur di accontentare tutti i partiti di governo.

La cosa sconcertante rimane però l’indifferenza complessiva e generale con cui gli italiani hanno accolto la nascita dei responsabili, un’accozzaglia di parlamentari senza alcun progetto politico se non quello di vendersi a Berlusconi politicamente e, probabilmente, anche economicamente, dato che lo stesso Razzi (ex Idv) prima di passare con la “terza gamba” del governo aveva denunciato i numerosi tentativi da parte di Verdini (coordinatore Pdl) di comprare parlamentari dell’opposizione.
Non voglio illudere nessuno, il trasformismo parlamentare in Italia ha compiuto centocinquant’anni insieme alla repubblica, tuttavia è la prima volta che un gruppo di trasformisti senza arte ne parte arriva a formare un gruppo autonomo,alla luce del sole, ammettendo implicitamente di non vergognarsi per quello che è: un insieme di venduti, mercenari, transfughi in balia delle poltrone.

Il fatto che i responsabili vadano in televisione, siano trattati con rispetto, si permettano di fare la morale agli altri non ci indigna. Anzi ci lascia indifferenti. Abbiamo ormai omeopaticamente imparato ad affrontare qualsiasi disgrazia politica e sociale con naturalezza, con la nonchalance di chi ormai, avendo visto tutto, non si stupisce più di niente.

Ma il fatto che gli italiani non si preoccupano, non si arrabbiano più per quello che accade in parlamento è il segno lampante della tremenda rottura tra ceto politico e società civile.
Questo divario tra le parole dei politici e il quotidiano che il resto della società si trova ad affrontare deve essere ricucito in qualche modo. Altrimenti questo paese non potrà mai ripartire. Altrimenti saremo sempre guidati da Scilipoti.  


mercoledì 4 maggio 2011

E' questa l'università che vogliamo?

Pochi giorni fa ho avuto a pranzo un mio vecchio amico statunitense, Evan. Erano due anni che non ci vedevamo. Quante cose cambiano, in due anni.
Mentre discutiamo mi dice che quello che sta facendo potrebbe essere l’ultimo viaggio della sua vita. Quando domando il perché, mi risponde affranto che ha maturato un debito con la sua banca di 100000 euro. CENTOMILA euro. Come si fa ad essere indebitati in questo modo a soli venticinque anni?
Non è così difficile negli Stati Uniti: basta andare all’Università. Dato che le migliori scuole sono private, se vuoi avere una buona istruzione devi pagare, e anche tanto. E visto che solo in pochi possono permettersi la retta, occorre chiedere aiuto alle banche: il famoso prestito d’onore. Da restituire una volta laureato. Con gli interessi, naturalmente.
Il prestito d’onore, in realtà, di onorevole non ha niente: è un peso che ti schiaccia per lungo tempo, spesso per tutta la vita. Basti pensare che Obama, il secondo uomo più potente della Terra secondo Forbes, ha estinto il suo solamente due anni prima di essere eletto Presidente.
E allora una domanda sorge spontanea: è questo quello che vogliamo? Un’università privata, costosa, che consenta solamente ai più ricchi di avere una buona istruzione?Vogliamo vedere giovani costretti a scegliere tra vivere tutta la vita indebitati o ignoranti ma con i conti in regola?
Un paese in cui le migliori scuole sono private è un paese di caste, in cui i più ricchi vanno nelle scuole migliori e i meno ricchi vanno nelle scuole peggiori. I poveri, spesso, a scuola neanche ci vanno.
Proprio per questo è importante difendere la scuola italiana dentro e fuori le università, con le idee e con le azioni, perché preservarne il carattere pubblico e laico è un dovere per tutti quelli che hanno studiato, stanno studiando e studieranno un domani.
Chiunque sovvenzioni scuole private (violando la costituzione) cementifica un’idea dell’Italia che è diversa da quella che vogliamo: un paese unito nelle diverse identità, un posto in cui tutti possano avere una buona istruzione, a prescindere dal loro credo politico o dal loro conto in banca.
Quando ho chiesto ad Evan come farà ad estinguere il suo debito, lui ha scrollato le spalle e mi ha risposto che non lo sa. Intanto, con la crisi finanziaria, è stato costretto a prendere il primo lavoro che gli è capitato. Fa il commesso in un negozio che vende forni da cucina. Guadagna mille e ottocento dollari ogni mese. La Banca se ne prende novecento, puntuale come un orologio svizzero, direttamente dal conto corrente. Ogni mese.
p://officinauniversitaria.blogspot.com

Las muertas de Juarez.

Ripropongo su questo blog un articolo che scrissi quasi due anni fa per indipendenti.net. Devo ammettere a malincuore che il mio modo di scrivere articoli è parzialmente cambiato, le mie idee riguardo ai diritti fondamentali ed alla società hanno subito dei mutamenti. L'unica cosa rimasta immutata è la condizione femminile in Messico.

Juarez, conosciuta dal 1993 come la ciudad de la muerte (la traduzione per noi italiani è facilmente comprensibile) è una città messicana situata nella regione di Chihuahua al confine con il Messico, quello stesso confine che separa il mondo sviluppato da quello in via di sviluppo. Juarez costituisce il più grave caso di sistematica violenza quotidiana contro le donne.
I numeri sono agghiaccianti: 400 le donne assassinate e 600 quelle scomparse. (le cifre sono approssimative dato che lo scarto tra i dati forniti dal governo e quelli delle organizzazioni non governative è notevole.)
Le vittime hanno tutte le stesse caratteristiche: giovani, dai dodici ai diciotto anni (quasi delle bambine),tutte magre e con i capelli neri.
Molte di loro non erano originarie della città, arrivate dall’interno del Messico in cerca di migliori condizioni di vita, ma tutte, dopo essere state rapite, hanno subito ogni tipo di violenza sessuale e mutilazione, tutte sono state uccise per strangolamento e tutte sono state abbandonate in zone disabitate della città dopo che i loro cadaveri sono stati immersi nella “lechera”,cioè un liquido corrosivo composto da calce viva e acidi.
Tutti gli omicidi sono attualmente irrisolti e continuano ad essere misteriosamente insabbiati dalla polizia e minimizzati dal governo messicano...


Ma perché proprio a Juarez?
La città ha subito una crescita demografica vertiginosa, incremento a cui non è seguito il necessario sviluppo urbano, tanto che molte abitazioni non dispongono di acqua corrente ed il 40% delle strade non è asfaltato.
Questo sviluppo improvviso è stato causato dalle “machiladoras”, fabbriche di subappalto per l’assemblaggio di prodotti d’esportazione.
Molte multinazionali hanno infatti deciso di installare le loro succursali proprio in questa città per beneficiare di notevoli agevolazioni fiscali e della manodopera a bassissimo costo.
Queste industrie sono direttamente responsabili delle violenze, dato che la maggior parte delle vittime sono operaie costrette a turni di dieci ore al giorno per non perdere il posto e a tornare a casa quando ormai è buio ed i servizi pubblici sono ormai sospesi (perché è troppo pericoloso, ovviamente).
Come avrete capito, Juarez non è il miglior posto per tornare a piedi dal lavoro.
Quindi la città si è ingrandita moltissimo senza un adeguato aumento delle forze di polizia e di controllo del territorio che è ormai completamente in mano ai cartelli della droga.
La città è stata colpita da un’ondata di violenza forse consequenziale agli omicidi o forse già radicata prima del 1993. Secondo le stime di Casa Amiga (una delle poche organizzazioni che ha il coraggio di operare sul territorio) ogni giorno la polizia riceve dodici denunce di stupro al giorno e almeno una operaia su quattro deve fare sesso con il suo datore di lavoro periodicamente per ricevere lo stipendio a fine mese.
Le cause del femminicidio.
Le cause di questi omicidi sono ancora da trovare e le donne messicane hanno ormai smesso di sperare nella polizia.
La prima ipotesi, subito smentita dalla grande quantità di corpi ritrovati, era quella di un serial killer.
Subito dopo ci si convinse che gli assassini fossero collegati al commercio di organi. Una supposizione plausibile che però è stata scartata a seguito delle autopsie effettuate sui cadaveri.
Oggi queste violenze vengono considerate spree murders (omicidi per divertimento) condotti da squadre specializzate che rapiscono queste donne e le consegnano a ricchi turisti stranieri.
Questa svolta alle indagini sembra essere confermata dalla scoperta di un legame tra una di queste bande e cinque ricchi imprenditori, uno dei quali di Tijuana e gli altri di El Paso.
Il governo del Messico???
Nonostante la città di Juarez sia ormai globalmente conosciuta come La Ciudad de la Muerte ed ogni settimana scompaia una nuova donna, il governo messicana non sembra essere preoccupato .
Anzi sostiene che il fenomeno sia stato ingiustamente ingigantito da Amnesty International e che è colpa delle stesse donne se vengono violentate ed uccise.
è colpa loro. Se ne vanno in giro di notte con minigonne troppo corte e mises provocanti”. Questo è arrivato ad affermare Francisco Barrio Terrazas, precedente governatore di Chihuahua che è stato premiato per il suo ottimo operato nella città con la carica di primo ministro del governo Fox.
Riflessioni
Perché secondo l opinione pubblica una donna stuprata nel mondo occidentale vale di più rispetto alle mille donne di Juarez? Perché si parla così poco di questo vero e proprio femminicidio? Da cosa dipende questo disinteresse verso il sud del mondo?

martedì 3 maggio 2011

Quanto c'è costata la morte di Bin Laden?


Il terribile attentato che ha causato il crollo delle torri gemelle ha portato nelle nostre coscienze l’unico prodotto che non potevamo in alcun modo né vendere, né espellere: la paura. Paura del diverso, paura dell’islam, paura del terrorismo internazionale.
Trascinato da questo sentimento, tutto il mondo occidentale si è buttato a capofitto in due guerre sanguinose e senza fine, fondate su tesi false (la ricerca di armi di distruzione di massa) o assurde (la vendita sottobanco della democrazia).
Abbiamo deciso di barattare diritti inalienabili, che avevamo conquistato con grandi sacrifici, come l’habeas corpus, il diritto alla vita, alla privacy, alla libera circolazione, all’uguaglianza, con beni eterei ed irraggiungibili, come la sicurezza e la vendetta sugli attentatori.
Abbiamo finanziato e sorretto dittature terribili e sanguinarie, come quella di Gheddafi o Ben Alì,  convinti che fosse l’unico modo per ingraziarci l’islam moderato. Ma sapevamo tutti che le dittature sono la migliore benzina al fuoco del terrorismo: creano rabbia, povertà e miseria, tutti gli elementi che fanno potenti le associazioni terroristiche.
E dopo questi risultati penosi ci consideriamo soddisfatti dalla morte di Osama Bin Laden. Ma oltre a gioire, qualcuno di noi sa quale fosse effettivamente il suo ruolo ed il suo grado di partecipazione negli attentati alle torri gemelle? Non c’era bisogno di un processo prima di uccidere le persone?

Se avalliamo l’idea che per uccidere un uomo cattivo possiamo sospendere i suoi diritti civili, perché tanto non ha fatto niente per meritarseli, allora avalliamo anche l’idea che i diritti inalienabili e fondamentali degli uomini in quanto uomini possono essere sospesi. E allora si apre un precedente pericoloso: quanto può durare questa sospensione? Perché? Chi decide chi ha accesso ai diritti, e chi no?

Il risultato peggiore della nostra paura è stato quello di farci dimenticare che noi,in quanto cittadini, in quanto uomini, in quanto esseri umani, siamo diversi dai terroristi perché riconosciamo dei diritti a tutti. Non solo a noi, ma anche agli altri. Anche a uomini che non hanno fatto niente per meritarselo. Anche ad Osama Bin Laden.