Uno.due.tre. Pronti e via. Diciamo subito come stanno le cose, perché quando vedi giovani greci senza lavoro e senza speranza mettere a ferro e fuoco la piazza del parlamento è inutile girarci intorno.
La Grecia è un paese economicamente sottosviluppato, con gravi carenze strutturali ed un tasso di corruzione ed evasione fiscale capace di far impallidire l'Italia (ed è tutto un dire).
I governi ellenici degli ultimi quindici anni si sono dimostrati ladri e disonesti: non solo sono entrati nell'euro senza averne i prerequisiti, ma hanno anche truccato i bilanci per evitare che i mercati (e l'Europa) scoprissero l'entità del debito accumulatosi negli anni.
Insomma, sebbene gridare allo strapotere delle banche suoni bene in qualsiasi stagione politica, appare chiaro che buona parte della terribile situazione economica in cui versa la Grecia sia colpa del suo ceto politico. Esattamente come in Italia.
Riconosciute le colpe greche, però, occorre passare a quelle europee.
Come è possibile ridurre in ulteriore miseria un paese già disastrato come la Grecia, la cui economia conta per l'eurozona come quella di Miami per gli Usa?
Sebbene sia naturale che i politici europei abbiano perso fiducia nei loro colleghi greci, mi sfuggono le ragioni che hanno spinto l'Ue a trasformare il paese ellenico prima nella pecore nera del gregge, poi in una scoria radioattiva da espellere prima che infetti il resto del corpo.
Quando a seguito della crisi finanziaria è esplosa la crisi greca, la situazione era già chiara: il processo di integrazione europea era ormai avviato, ed una moneta comune ci aveva condannato ad un destino comune. Il futuro dei greci sarebbe stato quello di tutti gli europei.
Eppure, spinti dall'ossessione tedesca per i conti e l'inflazione, il direttorio europeo ha costretto la Grecia a tagli drastici, troppo veloci per poter essere metabolizzati dalla già debole società civile ellenica.
I politici europei hanno assicurato il massimo appoggio alla Grecia, eppure prima hanno tirato in ballo il fondo monetario internazionale (dimostrandosi incapaci di gestire la cosa senza aiuto esterno) e poi si sono categoricamente rifiutati di assicurare la solvibilità del paese. Perché non si è pensato agli eurobond? Perché si è voluto portare sul lastrico un paese già disastrato, quando tutto quello che aveva bisogno era crescita economica e sviluppo della legalità? Non ho mai saputo di un paese che è riuscito a risollevarsi dalla crisi attraverso tagli draconiani, ma forse sono io che sono fesso.
Se la Grecia dovesse uscire dall'Ue, gli effetti economici e sociali nel continente sarebbero devastanti. Se le economie dell'eurozona dovessero sopravvivere al colpo, sarebbe comunque una sconfitta per tutti. Vorrebbe dire rinunciare al progetto di democratizzazione di un'area geografica martoriata e sconvolta come i Balcani, e rappresenterebbe un duro colpo a quello che l'ue prima di tutto dovrebbe rappresentare: un'unione tra popoli all'insegna della solidarietà.
Alla fine il problema, forse, rimane sempre quello. Fatta l'Europa, facciamo gli europei.
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