lunedì 20 ottobre 2014
ONORA IL PADRE (MODIGLIANI #2)
L’investigatore Modigliani stava sorseggiando lentamente la sua Guinness, quando il suo assistente gli si sedette di fronte.
-Bismarck! -
Esclamò entusiasta il detective. Aveva gli occhi strabuzzati e l’alito intriso di alcool. Intorno a lui altri commensali bevevano, urlavano, flirtavano e bestemmiavano. Ma fino a quel momento tutte le attenzioni di Modigliani si erano concentrate sul boccale parcheggiato davanti a lui.
-quale buon vento ti porta al mio tavolo? -
Bismarck lo fissò gelidamente. L’assistente di Modigliani era alto per essere un nano, ma sempre un nano rimaneva. Per questo faceva una certa fatica a rimanere composto, con i gomiti appoggiati su un tavolo troppo alto per lui.
-Sa benissimo perché sono qui, Modigliani. Gli stipendi arretrati. Mi deve cinquemila euro, razza di cretino patentato. Non vivo d’aria, ho bisogno di mangiare anche io. O crede forse che nel tempo libero lavori in un circo? -
Modigliani afferrò il boccale e ingoiò un lungo sorso di birra. Poi ruttò.
-Se hai bisogno di soldi, vai dalla Signora Ottaviano. Deve ancora pagarmi questo mese. –
Bismarck saltò dalla sedia.
-la Signora Ottaviano? Da quanto tempo è che spilla dei soldi a quella povera vecchietta, Modigliani? Eravamo andati a casa sua quanto tempo fa, due anni fa? E non c’era nessun maledetto spirito a casa sua, neanche uno. Le sta facendo credere che la sua casa è ancora infestata, non è vero? -
Modigliani scacciò quei pensieri col dorso della mano.
-Quante domande, amico mio! Sei il mio assistente o il mio strizzacervelli? Io non ho detto niente alla Signora. Ma se la vecchietta crede di aver bisogno del mio aiuto per tenere casa sua pulita dagli spiriti, chi sono io per dirle il contrario? E del resto è la vedova di un notaio, ed ha talmente tanti soldi che i miei piccoli prelievi non intaccheranno di sicuro la sua pensione. Chiamala, se vuoi, ridistribuzione della ricchezza -
Bismarck scosse la testa, affranto.
-lei è veramente un pezzo di merda, Modigliani. -
Modigliani sorrise.
-Vado a prendere un’altra birra. –
Il detective barcollò da un tavolo all’altro fino a raggiungere il bancone. Si appoggiò sul sedere di una giovane studentessa, rimbalzò sul pancione di un avventore e tagliò la strada a due camionisti che giocavano a freccette, ma alla fine raggiunse la meta. Una delle cameriere gli si avvicinò.
-signore, ha già bevuto tre litri di birra. Deve pagarmi prima di prendere qualcos’altro. –
-certo, certo. Vede quel nano al mio tavolo? - rispose indicando Bismarck- quello con quei baffi ridicoli? È il mio assistente. Paga sempre lui per me. –
Modigliani si voltò verso il bancone.
-un Montenegro liscio, grazie. –
-facciamo due- disse una voce alla sua sinistra.
Modigliani si voltò.
Una ragazza dalla carnagione scura, olivastra, era appoggiata vicino a lui. Modigliani fece un passo indietro per osservarla meglio. Aveva dei pantaloni attillati che non lasciavano immaginare niente, ed una giacca molto elegante. Una donna in carriera che non si vergognava della sua bellezza, oppure una prostituta d’alta classe che voleva spillargli dei soldi che non aveva.
Parlarono per un po’. O meglio, lei parlò. Modigliani si limitò a farfugliare qualcosa. Era troppo ubriaco per seguire il discorso nella sua interezza. Carpiva bocconi di conversazione, in cui si intrometteva per far capire alla ragazza che era ancora sveglio.
Che rubacuori che sei, Detective Modigliani.
-allora, mi dici come ti chiami o no?- chiese dopo un po’ la ragazza.
-Philippe. Philippe Modigliani. –
La ragazza lo scrutò attentamente. Si passò la lingua tra le labbra, o almeno così parve alla mente annebbiata di Modigliani.
-e cosa fai per vivere, Philippe? –
-ammazzo mostri, caccio spettri, mercanteggio con gli spiriti. Quando una cosa morta non rimane morta, la gente chiama me. -
La ragazza gli poggiò una mano sulla spalla.
La stai conquistando, Modigliani.
-sembra un lavoro pericoloso- sussurrò.
-non è un lavoro pericoloso, cara. Ma in effetti succedono cose pericolose mentre lavoro, si. –
La ragazza gli si avvicinò ancora di più. Adesso poteva sentire il calore del suo corpo contro il suo. Cercò di non alitarle in faccia. Aveva passato le ultime tre ore a bere e non riusciva a ricordarsi quale fosse l’ultima volta in cui si era lavato i denti.
-sono un po’ stanca. Mi riaccompagneresti a casa? –
La ragazza sorrideva in un modo così sfrontato che sembrava quasi sincero. Neanche la maga circe sarebbe stata capace di arrivare a tanto.
Non andare, Modigliani. È chiaramente una trappola. Quella donna vuole spillarti i pochi spicci che ti sono rimasti in tasca. Rispondi di no.
-ma certo, cara. Dove abiti? –
-Non lontano da qui. Prenderemo un taxi. –
Mentre uscivano passarono vicino al tavolo di Bismarck. Il nano afferrò Modigliani per una spalla.
-Detective, se una cosa è troppo bella per essere vera, di solito non lo è.-
-vivi la vita, Bismarck. Perché quando saremo morti dovremo rimanere morti. –
Modigliani e la ragazza uscirono del locale a braccetto, zigzagando tra un cliente e l’altro. Modigliani sembrava mezzo morto. Trascinava la gamba sinistra come uno zombie. La ragazza lo doveva reggere in piedi.
-imbecille- sbottò Bismarck mentre il detective abbandonava il pub.
-posso avere un bicchier d’acqua? - chiese Modigliani una volta entrati.
Era un piccolo appartamento a venti minuti di taxi dal locale. Il detective aveva dovuto utilizzare gli ultimi quindici euro che gli erano rimasti per pagare la corsa. Con quei soldi avrebbe dovuto farci pranzo e cena il giorno dopo, ma ehi, si vive una volta sola.
Il detective fece scorrere l’acqua dal rubinetto. Si guardò in giro per capire se la ragazza lo stesse osservando. Non appena si accorse di essere da solo ficcò la testa sotto l’acqua, nella vana speranza di riprendere un po’ di colore.
-vieni, Philippe, sono in camera da letto! - urlò la ragazza dall’altra parte dell’appartamento.
Il detective cercò in tasca finché non trovò la pillola. Poi la ingurgitò senza acqua.
Attraversò il salotto velocemente. La ragazza era allungata sul letto, mezza nuda, che lo aspettava.
-non perdi tempo, eh? – disse Modigliani, cercando di vaporizzare il reggiseno di pizzo con la forza del pensiero.
-vieni a letto. - disse lei.
-arrivo subito- disse lui.
Si allungò sopra di lei, iniziandola a baciare. Sentiva già la pillola fare effetto…al piano di sotto. Un elisir che aveva scoperto in africa orientale, e veniva utilizzato dallo sciamano della tribù per trovare la forza di impollinare tutte le sue mogli durante il periodo della fertilità. Un tipo instancabile, dato che la sua famiglia era formata da dodici mogli e quaranta bambini.
Lei si fece trovare pronta. Iniziò a baciarlo con una foga tale da coglierlo di sorpresa. Modigliani ricambiò il bacio, estasiato.
Poi lei con una presa ferrea gli agguantò il polso e lo ammanettò al letto.
-ti piace questo genere di cose, eh? – disse il detective.
-si, dammi l’altra mano. - sussurrò lei.
Modigliani obbedì. Quando fu finalmente legato come un salame, lei gli tolse la camicia impregnata di alcool e sudore. Il detective rimase a torso nudo. La pelle scura della ragazza si confondeva a tratti con la coperta nera del letto. La ragazza smise di baciarlo in bocca. Iniziò a scendere sempre di più. Prima sul collo, poi sul petto, poi giù fino alla pancia. Modigliani iniziò ad intravedere le porte del paradiso.
-basta così, Elena- disse una voce davanti a loro – a guardarti sembra proprio che ci stia prendendo gusto. –
Davanti a loro c’era la ragazza che aveva conosciuto al locale, con la stessa giacca e gli stessi pantaloni attillati. Modigliani fissò la ragazza mezza nuda che era accovacciata sopra di lui.
Erano uguali.
-abbiamo un lavoro per te, Detective Modigliani. -
Il detective fissò la propria erezione. Poteva sentirla e vederla nonostante la ragazza sopra di lui e la vista annebbiata dall’alcool.
-non potevi aspettare dieci minuti prima di fare la tua entrata scenica? –
Modigliani era ancora legato sul letto, a torso nudo, ed un terribile mal di testa. La sbronza stava passando, ed il demone dei postumi stava lentamente prendendo piede.
-quindi siete veramente due, non sono io che sono sbronzo, giusto? –
La ragazza vestita scoppiò a ridere.
-si, siamo due. Io mi chiamo Caterina, e sono quella che ti ha accalappiato al bar, mentre lei- disse indicando la ragazza mezza nuda – è mia sorella Elena. –
Modigliani le fissò.
-cosa siete? Succubi? Mutaforma? Demoni? -
-No, Philippe. Siamo soltanto sorelle gemelle. –
-ah- sospirò il detective, deluso.
-e per quale diavolo di motivo non siete venute nel mio ufficio? - urlò il detective.
-siamo passati tre volte nelle ultime due settimane, Modigliani. Ma non hai voluto neanche riceverci quando hai scoperto che non avevamo i soldi necessari per pagarti-
-ah-
Elena guardò la sorella, imbarazzata.
-non potremmo liberarlo, Caterina? –
-no- rispose la sorella – abbiamo bisogno di lui, ricordi? Non l’abbiamo portato qui per gingillarti con lui. -
-cosa vorresti insinuare? - urlò la ragazza in déshabillé. –guarda che l’idea di rimorchiarlo è stata mia! -
Iniziarono a litigare. Ogni urla entrava in un orecchio di Modigliani ed iniziava a rimbalzare da una parete all’altra del cranio. Il demone dei postumi aveva preso il controllo del suo corpo.
-basta! - urlò il detective. –ditemi cosa volete. Farò tutto quello che mi chiederete, basta che la smettiate di urlare. -
Caterina lo fissò.
-si tratta di nostra sorella…-
-un’altra? -
-si, siamo in tre. O meglio, eravamo in tre. Due mesi fa Jessica si è suicidata. Soffriva di depressione, era sempre molto triste. Vicino casa nostra c’era un cantiere. Una notte è salita su una delle gru e si è lanciata nel vuoto. -
-mi dispiace- disse Modigliani – ma cosa c’entro io con tutto questo? -
Elena si sedette al bordo del letto. Si sporse ed accarezzò il detective affettuosamente sulla guancia.
-noi gemelle monozigote siamo collegate in un modo…quasi soprannaturale, Philippe. E sentiamo entrambe che nostra sorella è in qualche guaio dall’altra parte, come se fosse rimasta bloccata. -
-il limbo- sussurrò Modigliani.
-cosa è il limbo? - chiese Caterina.
-un luogo neutro, tra inferno e paradiso. Di solito ci finiscono le persone che hanno fatto male a qualcuno, ma in buona fede. –
Elena guardò in basso.
-nostro padre…era già molto anziano… appena ha saputo del suicidio di Jessica ha avuto un infarto. È ancora in coma. –
-ecco, causare un infarto a tuo padre è un buon motivo per finire nel limbo. -
-e cosa succede nel limbo? -
-niente, si aspetta-
-aspetta cosa? -
-che cosa vuoi che ne sappia io! Non ci sono mai stato! Si aspetta la redenzione, il perdono, o semplicemente un cazzo di niente! -
Caterina fissò il detective.
-abbiamo bisogno di te. Vogliamo che tiri fuori Jessica dal limbo. -
Modigliani rise. Una risata piena di paura.
-tirarla fuori? Per farla andare dove? -
-dovunque debba andare- disse Elena, triste- all’inferno, o in paradiso. Purché non rimanga bloccata in quel luogo. -
Modigliani rimase in silenzio. Le manette troppo strette iniziavano a fargli male ai polsi.
-va bene, lo farò. -
-sul serio? - chiese Caterina.
-non lo faccio solo per voi. Per me siete soltanto due stronze che si approfittano di un povero detective ubriaco. Ho un conto in sospeso con il tizio che comanda il limbo. Chiamate il mio assistente e fatelo venire qui. -
Caterina andò in salotto, dove era il telefono.
Modigliani cinse con entrambe le mani i fianchi di Elena, che era ancora seduta mezza nuda sul bordo del letto.
-tua sorella ha una scopa in culo…quando tutto questo sarà finito pensi che potremo riprendere da dove avevamo interrotto? -
Elena si voltò, spaventata ed eccitata al tempo stesso. Fissava le mani, libere dalle manette.
-come hai fatto a liberarti? -
-quando una cosa è troppo bella per essere vera, di solito non lo è.-
Erano tutti e quattro in bagno. Modigliani, Bismarck e le due sorelle. Il detective era disteso sulla vasca, in mutande, con l’acqua che lo sommergeva quasi completamente.
L’assistente di Modigliani era in piedi di fianco alla vasca, con le braccia nerborute poggiate sulle spalle del detective.
-questa è veramente una pessima idea, Modigliani. Un’idea veramente di merda. -
-silenzio, Bismarck. –disse il detective – hai portato quello che serve? -
Il nano aveva tre foglietti. In uno era disegnata una pistola, in un altro un mazzo di carte. L’ultimo foglietto era la fotografia di una donna. Bismarck li porse al detective. Questo li appallottolò e poi se li mise in bocca.
-molto bene. Procedi. -
-Capo, è sicuro che…-
-procedi! -
Bismarck immerse la testa di Modigliani nell’acqua. Il corpo del detective rimase immobile per qualche secondo, poi iniziò a mancargli l’aria. Le gambe si alzarono e sbatterono contro l’acqua. SPLASH, SPLASH.
Modigliani iniziava a spingere per tornare a galla.
-aiutatemi a tenerlo nell’acqua! - urlò Bismarck.
Le due ragazze lo fissarono, sconvolte.
-volete o non volete risolvere il vostro problema? Modigliani deve rimanere sommerso! -
In tre trattennero l’uomo nella vasca. Il corpo si contrasse per qualche secondo, poi cessò di muoversi.
-ma è…morto? - sussurrò terrorizzata Elena.
-è un po’ difficile raggiungere l’altra parte da vivi, non trovi? - sbottò Bismarck.
Modigliani si risvegliò…su una panca, alle poste.
Centinaia di persone, accalcate l’una sull’altra, attendevano che comparisse il loro numeretto nel tabellone colorato in alto a destra. La fila era disordinata, sparpagliata, ed ognuno si lamentava, borbottava, bestemmiava. Avevano tutti fretta. Chi doveva andare a prendere i figli all’asilo, chi voleva ritirare la pensione in tempo per vedere la partita, chi sbuffava dopo ore di attesa.
Modigliani si alzò e si diresse verso la macchinetta che sputava i numeri. Premette il pulsante e aspettò che uscisse il proprio turno. 422. Quattrocento ventidue.
Alzò lo sguardo, erano ancora al numero dodici.
-che numero ti è toccato? - chiese un signore allampanato vicino a lui.
Modigliani gli mostro il numeretto.
-sei stato fortunato. Io quando sono arrivato avevo il duemila. -
Il detective sobbalzò.
-e quanto tempo hai aspettato? -
-sto ancora aspettando. Saranno tre ore che sto qui. Quel dannato tabellone sputa numeri a caso, senza alcun ordine logico. Io devo tornare a casa, c’è mia moglie che mi aspetta. -
Tre ore nel limbo equivalevano a cinquant’anni dall’altra parte. Modigliani non aveva tutto quel tempo a disposizione.
Si immerse nella folla, spintonando, scalciando, pestando piedi. Finalmente superò la bolgia di persone in attesa fino ad arrivare agli sportelli. Tre funzionari erano a lavoro. Uno stava parlando con una signora anziana, gli altri due parlavano tra di loro, incuranti della fila in attesa.
-certe cose non cambiano mai- sussurrò rattristato il detective. Poi si avvicinò allo sportello.
-cosa fa lei qui? – urlò scandalizzato il dipendente.
-devo parlare con il responsabile di questo posto infernale. –
La massa di questuanti dietro di lui iniziò a mormorare.
-fai la fila come tutti gli altri! - urlò il numero 44.
-deve tornare indietro e rimettersi in fila, signore- lo rimproverò severamente il dipendente allo sportello – o crede forse di essere più sveglio degli altri? Non appena comparirà il suo numero potrà farsi avanti. -
Modigliani scosse la testa, poi si avvicinò ancora di più al vetro dello sportello.
-so tutto di questo posto, amico. So benissimo che non siamo alle poste, che il mio numero nel tabellone non comparirà mai, e che lei non è un vero dipendente, anche se Dio solo sa quanto sia realistico il vostro teatrino. -
Il dipendente lo osservò estraniato, come se Modigliani gli avesse appena annunciato l’apocalisse. Prima che avesse il tempo di rifiatare, Modigliani ricominciò a parlare.
-fammi parlare con il titolare, oppure anche gli altri si renderanno conto di questa orrenda finzione. -
Il dipendente si grattava il mento, tesissimo.
-la smetta di dire stupidaggini e torni al suo posto. Non appena comparirà il suo numero potrà usufruire del servizio. -
Modigliani fece due passi indietro.
-il numero sessantasei! - urlò con tutto il fiato che aveva in gola.
Un uomo basso e mingherlino si fece avanti tra la folla. Aveva gli occhiali spessi come fondi di bottiglia, ed una faccia allungata come quella di un topo.
-sono io il sessantasei! - urlò di rimando – è finalmente arrivato il mio turno? Devo inviare un pacco a mio…-
Modigliani estrasse la rivoltella e la punto contro la faccia dell’uomo. Poi premette il grilletto. BAM!
L’uomo crollò a terra, stecchito. Un silenzio assordante piombò sulla folla vociante.
Poi sessantasei si rialzò in piedi, guardandosi le mani esterrefatto.
-è ancora vivo! - urlò qualcuno dalle prime file.
Modigliani si avvicinò di nuovo allo sportello.
-posso continuare tutto il tempo che voglio. Le poste sono finte, gli sportelli sono finti, la mia pistola è finta. Posso sparare tutti i colpi che voglio. Ma sempre più persone si renderanno conto della finzione. Il nonno si renderà conto di non poter ritirare la pensione. Il lavoratore appena licenziato di non poter inviare il pacco. Poi come terrete a bada tutta questa gente, non appena si renderà conto di non essere morta? –
Il dipendente ormai sudava freddo. Si guardava intorno, smarrito, cercando disperatamente l’aiuto dei suoi colleghi. Ma quelli si guardavano bene dall’accorrere in suo aiuto.
-te lo dico io- continuò Modigliani- il tuo titolare farà una riunione, e sarete costretti a lavorare sul serio. -
-lavorare? - urlò inorridito.
-esatto. Dovrete passare tutto il vostro turno a tenere a bada la gente che piange, urla, bestemmia, si contorce. Sai com’è, non è una cosa bella, scoprire di essere morti e spediti in un posto dove non succede mai niente. A confronto l’inferno sembra quasi una manna dal cielo, non ti pare? -
-va bene, va bene- sussurrò trafelato il dipendente. –c’è una porta alla tua destra. Il responsabile dell’ufficio si trova dopo il corridoio. Ma ti prego metti via la pistola! -
Modigliani sorrise.
Il detective superò il corridoio ed aprì la porta. La targhetta fuori titolava “responsabile del personale e dei servizi”. Dentro c’era una scrivania vuota. Senza computer, senza fogli. Soltanto un tavolo. Dietro, in compenso, si estendeva per chilometri e chilometri una serie di scaffali. In ogni scaffale, per quello che poteva vedere Modigliani, c’erano faldoni su faldoni di documenti.
Davanti, seduto comodamente su una poltrona di pelle, c’era un uomo alto e dal volto affilato.
-quando la smetterai con i tuoi giochetti stupidi, Philippe? -
Modigliani si sedette nella sedia davanti a lui.
-Parlare con te è stato più difficile di quanto mi aspettassi, padre. -
L’uomo posò i gomiti sull’enorme scrivania. Aveva le mani piene di anelli d’argento.
-ho fatto strada, figlio mio. All’inizio camminavo avanti e dietro tra le pratiche come un idiota. Ma ormai dirigo la baracca. -
Modigliani sospirò.
-un uomo di merda come te poteva fare successo soltanto in un posto disperato come il Limbo, padre. All’inferno ti avrebbero sbranato vivo, ed al paradiso non ti avrebbero accettato. Ma qui, nel luogo più banale e mediocre di tutto il creato, puoi finalmente essere un Re. -
-ti sei ammazzato per insultarmi, figlio mio, oppure hai una richiesta da farmi? –
Modigliani posò una foto sul tavolo.
-c’è questa ragazza, si è suicidata un mese fa. Ho bisogno che salti la trafila e che se ne vada subito in Paradiso. Le sorelle non hanno la pazienza di aspettare che voi burocrati vi spicciate. -
Il padre di Modigliani scoppiò a ridere.
-da quando è che ti sei messo a correre dietro alle cause perse, Philippe? Scommetto che per un incarico del genere non ti hanno nemmeno pagato. Le sorelline ti avranno fatto gli occhioni dolci e tu da bravo soldatino ti sei fatto ammazzare, non è vero? -
Modigliani ripensò al seno ed alla bocca di Elena sul suo corpo. Scacciò immediatamente quei pensieri dalla testa.
-non ti ho mai chiesto un cazzo nella mia vita. Da te ho ricevuto soltanto insulti, pugni e calci. Farai quello che ti dico oppure no? -
Il padre si alzò. Indicò con una mano tutti gli scaffali. Si allungavano per chilometri e chilometri. Centinaia di funzionari operosi si muovevano da una colonna all’altra trasportando sulle spalle faldoni pesantissimi. Uno dei dipendenti tamponò un altro. Entrambi finirono a gambe all’aria, centinaia di fogli che volavano e si mischiavano tra di loro.
-Qui dietro sono schedati tutti quelli che si trovano nel limbo. Ci sono i dossier aperti di ogni uomo, donna e bambino finito in questa terra di mezzo dimenticata da Dio e dal Diavolo. Ci sono persone che aspettano da centinaia di anni, e te vorresti che io mi occupassi personalmente di una ragazza morta l’altro ieri. –
Modigliani lo squadrò con disprezzo.
-esatto. Voglio proprio questo. Ma non ti chiedo di farlo gratis. Scommettiamoci su, che ne dici? -
Il padre sembrò finalmente interessato. Smise di giochicchiare con gli anelli che aveva sulle mani e fissò il figlio con un moto di entusiasmo.
-che scommessa? -
Il detective sorrise. Conosceva il suo pollo. Tirò fuori il mazzo di carte dalla giacca insieme al mucchio di fiches.
-una partita a poker. Se vinco, la ragazza viene liberata. -
L’uomo si rimise seduto. Afferrò il mazzo di carte ed iniziò a mescolarle con agilità.
-molto bene. Se vinci la ragazza viene liberata. Non ho alcun controllo sulla destinazione, potrebbe finire sopra o sotto. -
-non mi importa, basta che la lasci andare. Qualsiasi posto è migliore di questo. -
L’uomo sorrise.
-ma se perdi, rimarrai qui con me. Sarei il mio assistente personale per l’eternità. –
Modigliani deglutì.
Il corpo del detective era disteso sul pavimento pieno d’acqua del bagno. Elena piangeva. Caterina si muoveva freneticamente da una parte all’altra della stanza. Soltanto Bismarck sembrava mantenere una certa calma.
-è morto! - urlò Elena disperata.
-momentaneamente, si. -
Caterina si abbassò ed afferrò Bismarck per le spalle.
-cosa significa momentaneamente? -
-che dovremo rianimarlo, ma non ora. -
-ed allora quando? -
-quando avrà finito. Se avrà finito. Giove Pluvio quanto odio questo lavoro. -
I due giocatori si studiavano. Ciascuno di loro aveva un mucchietto di fiches davanti alle carte.
-sei sempre stato un pessimo giocatore di poker. - disse il padre.
-quando giocavamo avevo dodici anni, ed ogni mano che perdevi mi tiravi un cazzotto in faccia. Ero così terrorizzato che non riuscivo a mascherare le mie carte. Adesso le cose sono un po’ diverse, credimi. -
-vedremo. -
Modigliani sbatté un pugno sul tavolo.
-sei l’essere più meschino che sia mai esistito sulla faccia della terra. Sei diventato il Re del nulla. Comandi a bacchetta dei piccoli burocrati, le stesse facce grigie che hai odiato per tutta la vita. Eppure eccoti qui, tronfio e pieno di te nonostante tu sia riuscito ad essere un fallito anche da morto. -
Il padre rise.
-non mi odi. Vorresti, ma non puoi. Sono tuo padre, in fondo. -
-sia maledetto il mio nome ed il mio sangue, se non ti odio. -
-ed allora perché continui a fare il lavoro che facevo io? Perché hai ereditato la mia agenzia investigativa? Un figlio che odia il proprio padre avrebbe scelto una carriera diversa, no? -
-faccio questo lavoro perché non mi hai insegnato nient’altro. Non mi hai fatto nemmeno andare a scuola. Mentre i miei coetanei giocavano e si divertivano, io andavo a cacciare spettri e liberare case infestate con te. -
Il padre guardò le proprie carte. Infine sorrise.
-scommetto che tratti il tuo assistente come una merda, esattamente come io trattavo te. Che freghi i clienti e non hai amici, esattamente come me. Canticchi dead flowers degli stones mentre sei in macchina, giusto? -
Modigliani lo fissò. Uno sguardo pieno di rabbia e rancore.
-mi vesto come te, parlo come te, ho persino la tua stessa faccia. - sibilò il detective- ma io e te non possiamo essere più diversi. Mia figlia è morta amandomi e desiderando il meglio per me. Tu sei schiattato e nessuno ha più sentito la tua mancanza. -
-Philippe ha detto di avere un conto in sospeso col titolare del Limbo, cosa intendeva? - chiese Elena.
-Il titolare del Limbo è il padre. – rispose Bismarck. Aveva un cronometro in mano. Erano già cinquanta secondi che Modigliani era morto.
-il padre? Come è morto? -
- Stava picchiando per l’ennesima volta la madre davanti a Modigliani. Lui ha preso un coltello dalla cucina e l’ha sgozzato come un maiale. Adesso state zitti, per tutti gli Dei, che tra poco dobbiamo rianimarlo. -
Modigliani spinse con una mano il suo mucchietto di fiche al centro del tavolo. Avevano giocato un paio di mani, ma il detective aveva una certa fretta. Non voleva rimanere in quel posto per sempre.
-all in- annunciò il detective.
-punti tutto? - chiese il padre.
-si. Ci stai o no? -
Il padre lo guardò divertito.
-stai bluffando. -
-vieni a vedere, allora. -
Il padre trascinò stancamente il suo mucchietto insieme a quello del figlio.
Modigliani scoprì le carte e si alzò.
Chiuse le due mani a pugno, e poi fece lentamente salire i due diti medi, mostrandoli fieramente all’uomo seduto di fronte a lui.
-vaffanculo, stronzo. Ti ho fregato come un coglione. -
Il corpo di Modigliani cominciò a dissolversi.
Sul centro del tavolo c’era una scala reale.
-Avanti Elena! - urlò Caterina.
Elena stava effettuando la respirazione bocca a bocca sul corpo di Modigliani. Intanto, allo stesso ritmo, Bismarck premeva le sue braccia muscolose sul petto.
-avanti, pezzo di merda maledetto, risvegliati- urlò l’assistente.
Modigliani tossì. Alzò la schiena ed iniziò a sputare fuori tutta l’acqua che aveva nei polmoni. Elena sopra di lui urlò di gioia.
-sei ancora vivo! -
-così sembra- sussurrò Modigliani con la bocca ancora piena d’acqua.
Bismarck lo fissò con un’occhiata piena di rimprovero.
-qualche secondo ancora e saresti rimasto là per sempre. -
-era un’occasione troppo ghiotta per sfanculare mio padre, caro Bismarck. - poi ricambiò lo sguardo. Aveva gli occhi ancora vitrei, ma erano più vigili che mai – grazie per avermi riportato indietro, amico mio. -
Il nano si massaggiò i baffi lunghi e folti, sorpreso.
-non può pagarmi per sempre con le belle parole, Modigliani. Ma sono contento che sia ancora vivo-
Modigliani si alzò, improvvisamente pieno di vita.
-molto bene, signorine. - disse rivolgendosi alle due ragazze – vostra sorella uscirà presto dal limbo.-
-lo sappiamo. - dissero quasi in coro.
-come lo sapete? -
-l’abbiamo…sentito. Qualche secondo prima che ti rianimassi. - spiegò Caterina.
Elena gli si avvicinò.
-Grazie, Philippe- disse.
-Non ringraziarmi ancora, cara. - disse prendendola per mano. –perché adesso finiremo quello che avevamo iniziato a fare prima che quella scocciatrice di tua sorella ci interrompesse. -
Elena cercò di protestare, ma la reazione fu troppo debole. Modigliani si incamminò verso la camera da letto, fece entrare la ragazza e poi sbatté la porta.
Poi la riaprì per un attimo, facendo uscire solo la testa.
-Caterina? -
-si? - rispose la donna.
-se ti vuoi aggiungere sei la benvenuta. -
Il padre aprì il dossier di Jessica. Lo lesse velocemente e poi lo passò al suo assistente.
-voglio che la pratica sia risolta oggi stesso. Nessuna pausa caffè, nessun permesso speciale finché questo documento non viene archiviato. Chi si mostrerà indolente verrà severamente punito. –
L’assistente inchinò il capo.
-certo, signore. -
Il giovane fece per uscire dall’ufficio. Ma si fermò all’uscio.
-posso chiederle una cosa, capo? -
Il padre smise di giocare con gli anelli.
-ma certo. -
-sono cinquant’anni che lavoro qui. Ha fatto centinaia di partite a poker, eppure non ha perso mai. Credo che essere il titolare dell’ufficio le dia il potere di guardare le carte altrui. -
Il padre sorrise.
-cosa stai cercando di dirmi? -
-lo ha fatto vincere, non è vero? -
L’uomo si alzò in piedi. Rivolse lo sguardo dietro di sé, dove centinaia di impiegati si muovevano freneticamente per smaltire i giganteschi arretrati. Ogni cosa sarebbe rimasta uguale, ora dopo ora, fino alla fine dei tempi. Ma quel giorno l’avrebbe ricordato, nonostante tutto.
Il padre ripensò al proprio figlio. Non disse niente.
Si limitò a sorridere.
domenica 12 ottobre 2014
UNA RIMOZIONE DIFFICILE (MODIGLIANI #1)
Il nuovo cliente dell'agenzia investigativa Modigliani bussò
alla porta proprio mentre il titolare, Philippe Modigliani, aveva preso il
violino in mano. Non aveva mai suonato uno strumento musicale in vita sua, e
quel primo esperimento non poteva dirsi riuscito. Delle note lunghe e sgraziate
uscivano dalle corde e si diffondevano nelle stanze della grande villa, facendo
vibrare le antiche vetrate settecentesche.
Il nuovo cliente nel frattempo aspettava di poter entrare. Era
un signore distinto con i capelli ormai bianchi ed il volto solcato da numerose
rughe. Qualche anno prima sarebbe forse potuto passare per un avvocato o un
commercialista di successo, ma in quel momento sembrava soltanto un vecchio
stanco ed appassito.
Finalmente il grande portone di legno si aprii ed il cliente
poté varcare l'uscio e fare ingresso nella gigantesca villa. La hall, finemente
affrescata, costituiva il primo assaggio di un luogo dove il tempo pareva
essersi fermato. Il mobilio, le mura, gli arazzi ed i lampadari appartenevano
tutti ad un periodo ormai lontano, dimenticato. Eppure non sembravano usurati,
al massimo un po' stanchi.
L'anziano e distinto signore rimase per dieci minuti in
piedi, davanti al portone d'ingresso, spostando il peso del proprio corpo da un
piede all'altro. Intanto le orecchie venivano ferite dallo stridio proveniente
dal violino, in salotto, che proprio in quel momento veniva torturato dal
titolare dell'agenzia investigativa.
-Gentile Signore, è il benvenuto. Prosegua pure fino alla
zona giorno, dove troverà Philippe Modigliani ad attenderla. -
Il cliente sobbalzò. Si guardò intorno, non capendo da dove
veniva quella voce così giovane e femminile. Poi si rese conto che una vecchia
radio, poggiata su un tavolino di legno, si era improvvisamente accesa.
Il signore si incamminò velocemente verso l'origine di quei
suoni così molesti. Si ritrovò in una sala enorme, arredata nello stesso stile
dell'ingresso. Stesso sfarzo settecentesco, stessa brillante mano barocca.
Davanti ad una gigantesca vetrata che dava sui verdi giardini della villa,
Philippe Modigliani stava distruggendo uno stradivari da due milioni di euro
nel vano tentativo di suonarlo.
Il cliente cercò di attirare l'attenzione del titolare
dell'agenzia investigativa schiarendosi la gola, ma i suoi rumori gutturali non
potevano niente contro l'incredibile complessità degli stridori infernali
prodotti dal violino. Quello strumento, che in mano più esperte avrebbe potuto
creare le melodie più armoniose, emetteva un rumore acuto, come se stesse
piangendo.
-Dottor Modigliani, ha un cliente che la sta aspettando. Non
sia maleducato. -
Questa volta la voce femminile aveva un tono meno gentile,
come quello di una madre che redarguisce il proprio figlio. Ma anche in questa
occasione il cliente sobbalzò, non capendo da dove provenisse. Una radio
altrettanto vecchia, ma ancora più grande, si trovava tra i divani posizionati
al centro della stanza.
Finalmente l'investigatore si rese conto di avere un ospite
in casa. A quel punto interruppe quella penosa esibizione e lanciò l'archetto
dall'altra parte della stanza. Con il violino ancora in mano, si avvicinò ai
divani dorati e sprofondò su uno di questi.
Philippe Modigliani era un uomo di quarant'anni. I suoi
jeans stinti e la sua maglietta anonima sembravano cozzare con gli ambiziosi
arredi della sua casa. Il suo volto incavato sembrava quello di un uccello
rapace, mentre il suo fisico alto e massiccio lasciava intuire un passato da
atleta o da muratore.
-salve- disse, continuando a giocherellare con il violino.
-si sieda e provi a spiegarmi per quale motivo è venuto a trovarmi. -
Il vecchio signore cercò di sedersi senza spiegazzare troppo
il completo elegante con cui era venuto. Aveva qualche difficoltà a parlare,
come se neanche lui sapesse per quale motivo si trovava in quel luogo.
-salve, Dottor Modigliani. - farfugliò -non abbiamo mai
avuto modo di conoscerci, ma io so chi è lei. E credo anche che lei, sebbene
indirettamente, sappia chi sia io. -
-Ma lei, signore, crede male. Se pensa che io possa
indovinare semplicemente guardandola chi è e cosa vuole da me, ha sbagliato
indirizzo. Posso dirottarla verso maghi o indovini in grado di effettuare tali
performance, io sono soltanto un umile investigatore. -
L'anziano signore parve ancora più confuso ed imbarazzato.
-no, io intendevo dire...sono il padre di Angela-
-Angela chi, scusi? -
-Angela Benni. -
Improvvisamente Modigliani si rabbuiò.
-Signor Benni, ma certo, certo, mi ricordo molto bene di
Angela. Dopo tutto questo tempo non mi aspettavo di vederla qui. -
L'anziano signore lo fissava a bocca aperta, con gli occhi
lucidi, incapace di continuare.
- Dottor Modigliani, sono passati soltanto due anni. -
-Un lasso di tempo abbastanza lungo per metabolizzare
qualsiasi dolore, temo. Ma insisto, mi spieghi pure per quale motivo è qui. -
Improvvisamente il giradischi dall'altro lato della stanza
si illuminò, facendo sobbalzare il Signor Benni.
-Forse il Signore vuole qualcosa da bere. Mi sembra
incredibilmente scosso. Anzi, avverto in lui molta rabbia. Un essere umano non
dovrebbe avere dentro di sé tutto quel dolore. -
Il Signor Benni si guardò intorno, disorientato.
-Ma chi è che parla? -
Modigliani sorrise.
-Si tratta della padrona di casa, Madama Bonaccorsi. É molto
gentile e disponibile, ma è anche una donna di incredibile perspicacia. Tutte
le sue analisi sui clienti che sono entrati in questo salotto si sono rivelate corrette.
-
-Ma, dove è la Signora? Non la vedo da nessuna parte. -
-è naturale che non la veda, Signor Benni. Madama Bonaccorsi
è morta tre secoli fa. Ma il suo spettro infesta ancora questa casa. -
L'anziano signore iniziò a sudare, preoccupato. Sembrava
voler rimpicciolirsi e nascondersi tra le pieghe del divano.
-pensavo che lei si occupasse di questo genere di cose, come
liberare i posti dagli spettri o far riposare gli spiriti...perché non libera
questa casa? -
-pessima idea. Se liberassi questa casa, dovrei restituirla
ai legittimi proprietari. Perché dovrei consegnare le chiavi di questo gioiello
agli eredi di Madama, quando posso occuparla abusivamente con il beneplacito
della stessa donna che lo costruì tre secoli or sono? Io e Madama Bonaccorsi
abbiamo trovato un accordo molto vantaggioso per entrambi, non è vero Madama? -
Il giradischi continuava a crepitare in lontananza, ma la
voce si sentiva chiara e forte.
-certamente, Messer Modigliani. I miei eredi sono dei borghesucci
deludenti. Se il signor cliente non desidera niente, io tornerei alle pulizie
della casa. -
Il silenzio imbarazzato tra l'investigatore ed il suo nuovo
cliente ritornò padrone del salotto.
-allora, Signor Benni, mi stava dicendo? -
-Dottor Modigliani, come sicuramente si ricorderà, io ed
Angela non eravamo in buoni rapporti. Lei era...fuggita di casa quando aveva
diciassette anni, e da allora non ci siamo più visti né parlati. Il nostro
dissapore era così forte e così radicato che rividi il suo volto soltanto il
giorno del suo funerale. Non c'è giorno che passa senza che io non ripensi ai
miei errori. Sono stato un uomo tremendo ed un pessimo padre-
Il vecchio aveva iniziato a piangere sommessamente. Le
parole venivano frequentemente interrotte dai sospiri dolorosi dell'anziano
signore.
Modigliani invece cercava di trovare una posizione più
comoda per sedersi, infastidito.
-tutto questo è molto triste, Signor Benni, ma spero esista
un momento nella sua narrazione in cui lei necessiti del mio aiuto, perché in
verità sarei molto occupato. -
-in verità- intervenne Madama Bonaccorsi- sono mesi che non
fai niente dalla mattina alla sera. -
Modigliani arrossi leggermente, imbarazzato. Ma il vecchio
cliente parve non accorgersi dell’interruzione, troppo preso dal suo stesso
racconto.
-Vede, Dottor Modigliani, dopo la morte di Angela ho cercato
di essere un uomo migliore. Ho altri due figli, entrambi molto più giovani di
Angela, e tento ogni giorno di non commettere con loro gli stessi errori che ho
fatto con lei. Inoltre ogni sei mese salgo a Roma, dalla Sicilia, per poter
visitare la tomba di Angela. Tutto è andato per il meglio fino a tre settimane
fa, quando Angela è ritornata. -
Modigliani lo guardò, finalmente incuriosito.
-in che senso è ritornata? -
-Nel senso che ho iniziato a sognarla, quasi tutte le notti.
Sogni così vividi che la mattina dopo, una volta sveglio, mi pareva di non aver
dormito neanche dieci minuti. Mia moglie ha trovato dei foglietti tra i suoi libri
di cucina, e la scrittura era proprio quella di Angela. Lei pensa che possa
averli scritti quando viveva ancora a casa nostra, ma sappiamo entrambi che è
impossibile. Utilizza quei manuali quasi ogni giorno, e delle lettera simili
non sarebbero potute passare inosservate per così tanto tempo-
-cosa c'è scritto nei foglietti? -
-Angela chiede alla madre perché non ha fatto niente per
difenderla da me, perché si è sempre schierata dalla mia parte. Come saprà,
bevevo molto e poi me la prendevo con lei. -
-Si, si, mi ricordo, so che è una persona disgustosa, non si
preoccupi. Ma continui il suo racconto, non si fermi proprio adesso. -
Il signor Benni scosse la testa, triste, ma continuò a
parlare.
-I sogni ed i foglietti sono continuati ad apparire per
qualche tempo. Non sapevo cosa fare, ma all'inizio mi sono limitato ad
aspettare. Soltanto giovedì scorso mi sono convinto a venire da lei. Angela non
parlava con me, ma continuava ogni tanto a sentirsi con mia moglie. Le aveva
parlato a lungo di lei, mentre vivevate insieme, del lavoro “inusuale” che
svolge-
-non c'è niente di inusuale nel lavoro che svolgo, Signor
Benni. Sono soltanto inusuali le cose che accadono nel mio lavoro. Ma continui,
cosa lo ha convinto a rivolgersi a me? -
-I mie figli. Angela ha iniziato a prendersela con loro.
Specialmente con Lorenzo. Deve aver avvertito, deve sapere in qualche modo che
lui è il mio prediletto. Giovedì scorso è apparsa nel laghetto davanti casa
nostra, invitandolo ad immergersi per raggiungerla. Lorenzo non sa nuotare ed
ha una paura viscerale dell'acqua, eppure si è tuffato. Sarebbe morto, se il
fratello maggiore non fosse intervenuto per salvarlo. -
Modigliani si alzò improvvisamente in piedi, rivitalizzato.
-molto bene, Signor Benni. Il suo mi pare un affascinante ma
ordinario caso di spirito vendicativo. Lo spirito di Angela sembra essere
ancora incazzato con lei per via del suo passato da alcolista violento, e per
questo rimane bloccato sulla terra e bla bla bla. Rimuovere questo ostacolo per
farle continuare la sua vita non sarà un problema. Potrà invecchiare
pacificamente, con tutto il tempo di rovinare anche gli altri due figli che le
rimangono. Serviranno soltanto ventimila euro, da pagare in anticipo. -
Il vecchio divenne paonazzo.
-ma...io pensavo che..dato che lei e Angela vivevate insieme
quando lei è morta...insomma in virtù della vostra relazione... pensavo che lei
avesse a cuore il problema.-
-ma certo, Signor Benni, tengo in grande considerazione il
suo futuro e quello dello spirito di Angela, ma lei capisce che non farla
pagare sarebbe ingiusto nei confronti degli altri clienti. -
-Attualmente lei non ha alcun cliente, Messer Modigliani-
intervenne Madama Bonaccorsi.
-no- disse il vecchio, ancora una volta incurante delle
interruzioni - non fa niente. Pagherò. Le firmo subito un assegno. L'importante
è che risolva subito il problema. -
-Lo farò. Ma avrò bisogno anche di lei. Si trovi domani sera
alle dieci davanti alla tomba di Angela. Il suo spirito troverà finalmente la
pace, oppure brucerà per sempre tra le fiamme dell’inferno. -
-ma lei...non ha un briciolo di compassione? Stiamo parlando
di mia figlia. Di una donna che ha vissuto con lei. Una donna che l'amava e la rispettava.
-
Modigliani sorrise.
-Signor Benni, con la compassione non si pagano le bollette.
Con la compassione non si mangia, e non si beve. Se c'è una cosa che ho imparato
in tutti questi anni, è che la compassione è un lusso che gli operatori del mio
settore non si possono permettere. Domani mattina andrò a controllare l'assegno
in banca. Salvo sgradite sorprese, mi troverà davanti alla tomba di Angela alle
dieci. -
Il vecchio si alzò in piedi e se ne andò mestamente.
Il giradischi dall’altra parte della stanza continuava a
funzionare.
-Sembra proprio una rimozione difficile, Messer Modigliani.
-
Modigliani si alzò in piedi. Prese in mano il violino
stradivari da due milioni di euro e lo scaraventò contro la vetrata. Il legno
di faggio si infranse contro la superficie trasparente, distruggendosi in
centinaia di pezzi. Poi, lentamente, ogni pezzo iniziò a ravvicinarsi all'altro
fino a ricomporre lo strumento perfetto che era stato all'inizio.
-non sai quanto, Madama Bonaccorsi, non sai quanto. -
-pronto, chi cazzo è? -
-Sono io, Bismarck. Il tuo titolare. Ti ricordo che sei
ancora il mio assistente, un collaboratore della Modigliani investigazioni. -
-Ah sì? A giudicare dalla regolarità con cui arrivano i miei
pagamenti, direi proprio di lavorare gratis. Il datore di lavoro che rimane
indietro nelle sue obbligazioni non può certo pretenderle dal suo dipendente. E
poi le ho detto milioni di volte di non chiamarmi in quel modo. -
-Dai Bismarck, smettila di piagnucolare. Ho bisogno di
sapere dove si trova la tomba di Angela Benni. -
-Non è mai andato a trovarla? Non ha voluto andare al
funerale perché diceva di sentirsi troppo male, ma aveva promesso di visitare
la tomba in seguito...-
-Suvvia, Bismarck! Chi lavora nel nostro campo conosce il
reale valore dei funerali e delle tombe! Non farmi perdere tempo con queste superstizioni.
-
-Si dice che si può conoscere il vero valore di una persona
soltanto lavorandoci insieme, Modigliani. Ed io posso dire, dopo dieci anni al
suo fianco, che non esiste una testa di cazzo peggiore di lei. Angela riposa
nel cimitero delle Grazie. -
-vieni anche tu? -
-...-
-Bismarck, pronto? Pronto? Ci sei ancora? -
Modigliani camminava tra le tombe con la pala poggiata sulla
spalla sinistra. Sotto di sé poteva sentire la terra concimata dalla morte,
sopra di sé la luna illuminava le lapidi. Al detective bastò seguire la luce
lunare per raggiungere la tomba di Angela. L'anziano padre era già là. Aveva
depositato un mazzo di fiori davanti alla lapide bianca e bisbigliava qualcosa
tra sé e sé. Probabilmente una preghiera.
-Eccoci qua, finalmente. - disse Modigliani. Sembrava di
buon umore nonostante l'ambiente spettrale. Il signor Benni invece appariva
ancora più vecchio, più incanutito che mai.
-cosa dobbiamo fare? - chiese.
Modigliani si avvicinò alla lapide. Angela
Benni,1985-2011. Non c'era scritto nient'altro. Soltanto una foto per
ricordarla. Una donna giovane, bella, con un sorriso innocente ma provocante
allo stesso tempo. Quel tipo di ghigno che soltanto le siciliane possono avere
quando vogliono blandire un uomo senza conquistarlo. Modigliani c'era cascato
in pieno, qualche anno prima.
Prese il mazzo di fiori e lo buttò qualche metro più là. Poi
prese la pale ed iniziò a scavare.
-cosa diavolo fa! - urlò l'anziano padre.
-cosa pensa che stia facendo? Dissotterro la tomba! -
-ma è un sacrilegio! -
-ovviamente. Ma è anche l'unico modo per scacciare lo
spirito di Angela. -
Il vecchio si ingobbì ancora di più.
-io...non credo di farcela. -
Modigliani sbuffò.
-è difficile, naturalmente. Ma se non lo facciamo lo spirito
di Angela coverà sempre più ira, odio, rancore. Gli spiriti non sono fatti per
rimanere sulla terra, privi del loro corpo. Non sono fatti per svolazzare in
giro. Possono soltanto moltiplicare il sentimento che li mantiene ancorati al
suolo, che nel nostro caso sarebbe l'odio. Continuerà ad odiare finché non
troverà un modo per ucciderti, o magari uccidere Lorenzo, o magari tua moglie.
Non c'è altra soluzione. Dobbiamo dissotterrare il corpo e bruciarlo. -
-bruciarlo? -
-sissignore. –
-Cristo proteggimi. -
Il vecchio continuò a pregare.
Modigliani intanto scavava. Piano piano il cumulo di terra
iniziò a farsi più alto, mentre Modigliani arrivava sempre più a fondo. Alla
fine la pala colpì qualcosa di duro con un rumore sordo.
-ci siamo, Angela- sussurrò Modigliani. Era pieno di
polvere, ed aveva la faccia sporca di terra. Tolse altro terriccio dalla bara, poi
infilò la pala tra il coperchio e la base nel tentativo di aprirla.
-maledizione. - disse- chissà perché le sigillano. -
Ma sapeva perché venivano sigillate. Per evitare che i
cadaveri uscissero fuori. Quello che è morto deve restare morto. Era quello lo
scopo del suo mestiere, assicurarsi che la morte non facesse scherzi. La morte
poteva essere una vera troia, quando voleva.
Finalmente si sentì un crack, e la tomba si aprii.
Modigliani si sporse. Si aspettava di sentire un fetore tremendo provenire dalla
tomba, ma il suo naso non percepiva niente.
Se c’era una cosa che aveva imparato dal suo lavoro, era di
fidarsi del suo stesso naso. La morte fa schifo, ed i morti puzzano. Per questo
si faceva pagare così tanto, perché era un avido figlio di puttana e perché
lavorare con i cadaveri era una cosa sporca, vomitosa e puzzolente. Ma in quel
momento non sentiva niente, come se la tomba…
Si sporse in avanti. La tomba era vuota.
Modigliani era al centro del fossato, con la pala ancora in
mano.
-Signor Benni, la bara è vuota. Mi dia una mano a tirarmi
fuori da qui. –
L’uomo si sporse e tese la mano. Modigliani la afferrò.
Iniziò a tirarsi su. Un ghigno sinistro comparve sul volto del Signor Benni.
Tutto d’un tratto l’uomo abbandonò la presa, e Modigliani crollò dentro la
fossa, disteso sulla bara.
-maledetto bastardo- sibilò il Signor Benni. Ma la voce non
era più la stessa. Non era più roca e maschile. Era una voce giovane, e
femminile.
-oh no- disse Modigliani.
-Oh sì, mio dolce Philippe. La bara è un po’ piccola, ma hai
tutto il tempo per abituartici. -
-Angela. - disse il detective.
Il volto del Signor Benni iniziò lentamente a mutare. I
solchi sul volto iniziarono a schiarirsi, e gli occhi piccoli e neri si
ingrandirono. Le labbra, prima secche e strette, diventarono carnose.
Angela, esattamente come se la ricordava Modigliani. Bella da far male. Ma in quel momento la luce nei suoi occhi non era d’amore. Due buchi di odio puro.
Angela, esattamente come se la ricordava Modigliani. Bella da far male. Ma in quel momento la luce nei suoi occhi non era d’amore. Due buchi di odio puro.
-Si, Philippe, sono proprio io. O forse pensavi che ti avrei
lasciato in pace, dopo tutto quello che mi hai fatto? –
Modigliani provo ad alzarsi senza successo. Non riusciva a
muoversi.
-sono sicuro che possiamo parlarne. -
-Parlarne? Perché dovrei parlare con l’uomo che mi ha tolto
tutto? Muori! –
Il Signor Benni afferrò la pala e colpì Modigliani al volto.
La testa del detective colpì la base di legno della bara, emettendo un rumore
sordo.
Mentre era ancora intontito dal colpo, vide il coperchio della bara richiudersi.
Mentre era ancora intontito dal colpo, vide il coperchio della bara richiudersi.
Con lui dentro.
Intanto poteva sentire il rumore inconfondibile delle zolle
di terra che ritornavano al loro posto. Lo stava sotterrando mentre era ancora
vivo.
Bum! Bum!
Dei colpi sordi svegliarono Modigliani.
-Maledizione! Per Zeus, Apollo e tutti gli Dei! Chissà per
quale maledetto motivo le sigillano! -
-aiuto! - urlò disperato il detective –mi hanno sotterrato vivo!
-
-stia zitto, maledetto imbecille! Il giorno in cui ho
firmato quel dannato contratto dovevo essere completamente strafatto. -
Modigliani aveva un terribile dolore alle ginocchia. Entrava
a malapena nella bara, ed aveva passato le ultime sette ore con le gambe
piegate e rattrappite. Richiuse gli occhi sfiniti.
SBAM! SBAM!
Due colpi secchi lo fecero uscire di nuovo dal dormiveglia.
Due colpi di pistola.
La bara si aprì, e fece capolino la gigantesca testa di un
nano. Finalmente Modigliani riconobbe la voce.
-Bismarck! Sei venuto a salvarmi! -
- in effetti il pensiero di lasciarla marcire mi ha
attraverso la mente più di una volta, ma poi gli stipendi arretrati che ancora
mi deve hanno avuto la meglio sul desiderio di vederla morto. -
Modigliani impiegò più di dieci minuti per tirarsi su. Era
sfinito, stanco, lercio. Pieno di terra in ogni orifizio del suo corpo
martoriato. Uscì dalla fossa con l’aiuto del suo assistente.
Bismarck era alto un metro e venti, e come tutti i nani
aveva una testa troppo grande rispetto al corpo. Gli avambracci muscolosi gli
tiravano la maglia attillata. Gli enormi baffi che spuntavano appena sotto al
naso a patata gli erano valsi il soprannome che odiava, Otto Van Bismarck. Ma
solo il suo titolare poteva chiamarlo in quel modo.
Modigliani guardò il suo assistente. Aveva in mano una
rivoltella. La sua rivoltella. Si ricordò dei colpi che aveva sentito mentre
era ancora sottoterra.
-hai aperto la bara a colpi di pistola? Sei pazzo? –
-No, ma sono comunque un nano. L’alternativa a spararle
addosso era di lasciarla là sotto. Alla fine, purtroppo, non ha prevalso il
buon senso. -
Si guardarono per un po’ in cagnesco.
-abbiamo un problema senza soluzione, Bismarck. C’è un morto
che non è rimasto morto. -
-il Signor Benni? -
-No, molto peggio. Angela. Deve essere entrata nel corpo del
padre. È furba, molto furba. Ha rubato il suo stesso cadavere, e l’ha nascosto
chissà dove. Avendo lavorato con me conosce le regole del mestiere. Sa che per
liberarmi di lei ho bisogno di bruciare il corpo. -
-deve odiarla molto, Capo. -
-sembra proprio di sì. -
-non posso certo darle torto, in tutta onestà. -
-nemmeno io, Bismarck, nemmeno io. -
-cosa pensa di fare? -
-Se non hai il corpo, non rimane che la roulette russa. -
-mi sembra l’idea più idiota che abbia mai sentito uscire
dalla sua bocca, Capo. E di idee idiote ne ha prodotte in quantità industriale,
negli ultimi anni. -
-già. Ma i morti devono rimanere morti a tutti i costi,
Bismarck. Dammi la pistola ed accompagnami in macchina. -
Bismarck tirò su col naso.
-che puzza di merda. -
-questa notte devo essermela fatta sotto. –
Modigliani entrò in casa ancora sporco di terra e
puzzolente, ma con la rivoltella in mano. Non appena ebbe varcato l’ingresso,
la radio alla sua destra si accese.
-Angela è seduta sul divano in salotto, Dottor Modigliani.
Il corpo del Signor Benni non resisterà ancora per molto, temo. -
-lo so, Madama Bonaccorsi. -
-molto bene. Stia attento con quella pistola, ho appena
passato il lucido ai mobili. -
Modigliani raggiunse il salotto. Angela era seduta.
-Sapevo che avresti
trovato un modo per uscirne fuori. Sopravvivi sempre, Modigliani. Sono quelli
che ti sono vicini a morire. -
Guardava il panorama dalla vetrata. I giardini perfettamente
curati, che venivano tagliati quotidianamente dai giardinieri di Madama.
-bella vista, non è vero? -
Angela non si voltò nemmeno.
-Impari ad apprezzare veramente le cose soltanto quando
muori. Tre anni fa una vista come questa mi avrebbe lasciata indifferente,
mentre ora mi pare il paradiso. -
-già. Ma sei morta, Angela. E chi è morto deve restare morto.
-
Angela si voltò. Poggiò lo sguardo sulla pistola. Non aveva
più le fattezze del Signor Benni ormai. Erano ritornati i riccioli neri, gli
occhi profondi e le labbra piene. Sorrise.
-cosa vuoi fare, Philippe? Vuoi spararmi? Non farmi ridere.
Uccideresti soltanto mio padre. Credi che mi interessi? Quel porco mi ha
picchiata fin da quando ho imparato a camminare. Lui mi picchiava, e mia madre
restava a guardare. -
Modigliani punto la pistola contro la sua stessa tempia.
-so di non poterti uccidere, Angela. Sono venuto per
uccidere me. C’è solo un proiettile nella pistola, vediamo quanto ci metto a
farmi saltare le cervella. –
Angela si alzò in piedi, divertita.
-credi che non conosca i tuoi giochini? Ho vissuto con te
per due anni, so tutto di te. Dei tuoi trucchetti da quattro soldi per
ingannare gli spettri. Del tuo incredibile e disarmante egoismo. Non avresti
mai il coraggio di premere il grilletto. -
Modigliani chiuse gli occhi prima di premerlo. Non voglio
morire.
Clic. Il grilletto si azionò a vuoto.
-sono ancora vivo. Ma rimangono ancora quattro possibilità.
–
Il volto di Angela si contorse in un ghigno di rabbia.
-Credi che mi interessi se muori o no? Sono tornata in vita
per ucciderti! Mi hai tradito nella peggiore delle maniere! Mi hai fatto
credere di essere speciale, di essere finalmente accettata. E poi mi hai
abbandonato come un cane, senza neanche una parola, una spiegazione. Almeno mio
padre non mi ingannava. Non ha mai cercato di essere diverso da quello che era,
uno stronzo violento ed ubriacone. Ma tu, con tutte le tue moine e le tue
carezze, non ti sei dimostrato diverso. -
Modigliani scosse la testa.
-non ti ho mai promesso amore eterno, Angela. -
Premette di nuovo il grilletto. Clic. Era ancora vivo. Per
ora.
-altre tre possibilità per morire. -
-Muori allora! Premi ancora! Dai! Senza di te non avrei mai
iniziato a bucarmi. Mai. Avevo una paura fottuta degli aghi. Sei stato tu ad
insegnarmelo, è vero o no? -
-Sono un drogato ed un egoista, Angela. Ti ho mai detto il contrario?
-
-Si! Mi hai fatto entrare nel tuo appartamento, mi hai
accudito per mesi! Ti sei dimostrato gentile con me. Ma poi… mi hai abbandonato
come tutti gli altri. -
Modigliani premette ancora una volta. Questa volta mantenne
gli occhi aperti. Clic. Un altro colpo a vuoto.
-Muori maledetto! - gridò Angela. – spara ancora, dai! -
Modigliani allargò la bocca, terrorizzato.
-Premerò ancora il grilletto, Angela. Ma rimangono solo due
colpi. Il prossimo potrebbe essere quello buono. Sentirai un botto, e poi io
sarò morto. Esattamente come te. Per sempre. Ma ciò che è morto deve rimanere morto.
-
-Non sei pronto a morire. Sei troppo egoista. -
-Ed invece sì. -
Modigliani abbasso la canna della pistola per un attimo, poi
la riportò alla tempia. Fece per sparare.
-fermati! - urlò Angela.
Modigliani tirò un sospiro di sollievo. Angela crollò a
terra. I suoi tratti dolci e femminili iniziarono a scomparire. Sotto di lei
iniziavano ad emergere le rughe del Signor Benni.
-Cosa mi succede? - chiese lei.
Modigliani si accovacciò e le fece appoggiare la testa sulle
proprie gambe.
-gli spiriti tornano sulla terra guidati soltanto da un
sentimento. L’odio. Tu sei tornata per farmela pagare. Ma quando mi hai visto
premere il grilletto hai desiderato che io mi fermassi, che io continuassi a
vivere. Un atto di amore verso di me che ha rotto il canale d’odio che teneva
il tuo spirito ancora legato alla terra. L’odio e l’amore possono facilmente
convivere in qualsiasi essere umano, ma non in uno spirito. -
Angela stava lentamente scomparendo. I suoi lineamenti ormai
si confondevano con quelli del vecchio.
-io…ho paura, Philippe. -
-non averne. Stai tornando a casa. -
-Io…esiste il paradiso, Philippe? -
-Non lo so, Angela. Ma sicuramente c’è qualcosa dall’altra
parte. Un posto tranquillo, lontano da qui, dove troverai la pace. -
Un lampo improvviso, ed Angela era completamente sparita.
Tra le braccia di Modigliani rimaneva soltanto il corpo privo di sensi del
Signor Benni.
-Mi dispiace- sussurrò il detective.
domenica 27 ottobre 2013
Soffocare, World war z, Il lungo inverno di Frankie Machine.
Soffocare- Chuck Palahniuk
Victor Mancini è uno studente di
medicina fallito, sessodipendente e cinico. Partecipa agli incontri
dei satiriaci anonimi con il solo scopo di trovare altre ragazze con
la sua stessa patologia e potersele fare nel bagno della struttura.
Ha una madre pazza e malata che l'ha costretto ad una vita di fuga e
di rigetto dell'autorità costituita, che vede nel figlio la reincarnazione di Gesù Cristo. Per poterla curare inizia a
fingere di morire soffocato, affinché qualcuno lo salvi e gli dia
dei soldi in segno di riconoscenza per “averlo fatto sentire un
eroe”.
Gli altri due personaggi della storia?
Danny, il suo migliore amico, ha una malattia ossessiva che lo
obbliga a farsi le seghe ogni due secondi. La dottoressa Marshall, invece,
vuole rimanere incinta del protagonista, convinta di conoscere un
modo per salvare la madre di Victor dalla sua demenza senile.
Devo continuare?
Palahiuk prosegue la sua analisi sul
sesso, la società ed i rapporti di forza/costrizione che ognuno di
noi ha con i propri genitori, ma per farlo si serve di una storia
così assurda che fa tutto il giro è diventa ridicola.
Tutti ci sentiamo soffocati dai vincoli
a cui siamo costretti in famiglia ed in società, ma il lettore si
ritrova confuso e perso tra le continue scene al limite del grottesco
che si susseguono lungo il corso del romanzo. Nonostante
un'introduzione travolgente, diventa fin da subito impossibile
immedesimarsi con Victor o Danny, ed il gioco sottile tra finzione e
realtà che pervade il romanzo diventa sempre più complicato fino a
risultare incomprensibile.
Ci si chiede fin da subito se la storia
che viene raccontata sia il frutto della fantasia del protagonista
oppure accada veramente, e la sensazione di soffocamento si
trasferisce dal protagonista al lettore in meno di due capitoli.
Forse era quello lo scopo dell'autore, sta di fatto che nella lettura
la noia supera di gran lunga qualsiasi altra sensazione.
Chuck Palahniuk? O lo ami, o lo odi.
Non ci sono mezze misure. Io, personalmente, lo odio.
World War Z- Max Brooks
Zombie, zombie, zombie! Basterebbe
quello per farmi amare qualsiasi romanzo, film, serie tv. Ma Brooks,
esattamente come Romero, utilizza gli zombie come scusa per parlare
di altro. Della natura umana, delle nostre menti, della società
contemporanea.
Il romanzo ci racconta delle reazioni
del genere umano all'apocalisse dei morti viventi attraverso delle
interviste. Le esperienze dei singoli personaggi sono brevi, e non
sono collegate tra di loro.
I capitoli sono brevissimi, ciascuno dedicato ad un sopravvissuto.
Brooks crea un mondo nuovo, immaginando
le reazioni delle varie nazioni all'invasione degli zombie. Cosa
farebbero gli Stati Uniti? Ed Israele? L'unione europea?Ebrei e palestinesi si continuerebbero ad odiare anche all'alba della fine del mondo? Gli americani la smetterebbero di essere dei cazzoni guerrafondai (la risposta, ovviamente, è no).
Per la prima volta i morti viventi non
vengono presi come incentivo all'indagine della natura umana, ma per
capire meglio la nostra società e le sue numerose disfunzioni.
L'obiettivo del libro non è quello di
offrire un'ambientazione horror, e chi si approccia a questo titolo
sperando in una storia survival rimarrà deluso. Non c'è Rick Grimes
o Michonne, non ci sono combattimenti all'arma bianca. Il punto di
vista è più ampio, globale, ed anche quando il protagonista
intervista persone comuni quello che conta è l'indagare le reazioni
della collettività ad una tragedia simile.
Max Brooks crea un mondo nuovo,
ricostruito dopo l'invasione degli zombie, e ci spiega perché e come
il genere umano è riuscito a sopravvivere.
Un'analisi molto acuta sulla società
americana e la politica internazionale, consigliata anche a chi odia
gli zombie.
Il lungo inverno di Frankie Machine-
Don Wislow
Don Wislow è considerato uno dei
migliori scrittori noir in circolazione. Il Lungo inverno di Frankie
Machine è un libro che soddisferà sicuramente tutti gli amanti del
noir, ma lascerà con l'amaro in bocca coloro che si aspettano
dal genere qualcosa di più.
Frankie Machine è il solito ex sicario
della mafia che, diventato vecchio, ha cambiato vita ed ha iniziato a
rigare dritto. Ovviamente, il suo passato violento tornerà a
bussargli alla porta ed il buon Frankie sarà costretto a
rispolverare la beretta.
La narrazione si alterna tra il passato
ed il presente di Frankie, la storia scorre veloce, è ben scritta. Ma è fredda, senz'anima. Nel corso della narrazione si alternano più
di venti personaggi, ma il lettore non riesce ad immedesimarsi con
nessuno di loro. Lo stesso protagonista, il leggendario Frankie
Machine, sembra fatto di marmo: non è particolarmente violento
quando viene descritto giovane (e gangster) né particolarmente buono
quando diventa vecchio (ed onesto). Le emozioni rimangono sullo
sfondo, i personaggi sono monodimensionali, ed a farla da padrone
sono le sparatorie ed i soliti intrecci tra mafia e politica.
Un bel libro, che si lascia leggere, ma
chi dice che Don Wislow è il re del noir non ha mai letto autori
come Jean-Claude Izzo o Massimo Carlotto. Gente di un altro pianeta,
che hanno la sfiga di non essere americani.
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