Vedendo le Olimpiadi seduto sulla
poltrona, l'italiano medio potrebbe pensare che lo sport è prima di
tutto tenacia, rispetto delle regole e dell'avversario, spirito di
sacrificio. Ma chiunque abbia praticato una disciplina sportiva sa
bene che agonismo significa anche cattiveria, prevaricazione,
furbizia al limite dell'inganno. La visione dello sport come di
un'attività che di per sé è in grado di migliorare l'uomo è
frutto di un'analisi plurisecolare sciocca e raffazzonata. Lo sport
può portare benefici all'essere umano soltanto tenendo conto della
maniera in cui viene praticato e le capacità delle persone che se ne
occupano.
Fatta questa doverosa introduzione, è
bene analizzare con occhio critico i risultati della spedizione
italiana a Londra e rendersi conto di un dato incontrovertibile:la
nostra nazionale ha raggiunto degli splendidi risultati soltanto
negli sport minori, con un evidente zero assoluto nel medagliere sia
nel nuoto che nell'atletica leggera.
La carabina, la scherma, il tiro con
l'arco sono sport stupendi che meritano di essere praticati ed aperti
al grande pubblico, ma tutte le medaglie che ci hanno regalato gli
italiani che si sono cimentati in queste discipline non sono frutto
di una politica sportiva, bensì della caparbietà e della costanza
dei singoli atleti.
Manca completamente una visione
d'insieme, un progetto per il futuro dello sport in Italia. Invece
che dare uno stipendio agli atleti già formati e maturi spacciandoli
per militari, l'obiettivo del Coni dovrebbe essere quello di
riportare lo sport nelle scuole, tra i giovani. Non solo per rivedere
finalmente un Mennea o uno Yuri Chechi con la casacca della nazionale
italiana, ma anche e soprattutto per combattere l'obesità e tutte
quelle malattie che possono essere arginate soltanto con una vita
sana ed una costante pratica sportiva.
Ma per promuovere un progetto occorrono
delle idee, e per avere delle idee serve persone che si intendano di
sport. Tutto il contrario dei burocrati del Coni.
L'importante non è vincere, ma
partecipare. Diceva il padre dello spirito olimpico. Beati gli
ultimi, perché saranno i primi, sosteneva un personaggio altrettanto
famoso.
Eppure gli italiani non riescono
proprio a vedere le proprie stelle perdere. Non sono riusciti a
perdonare alla Pellegrini un'olimpiade senza medaglie, nonostante i
grandi successi degli ultimi anni nella sua specialità. L'accusa è
di essere una sbruffona, una che pensa alle pubblicità invece di
nuotare.
La verità è che in Italia puoi
crearti un'immagine fuori dalle competizioni solo se sei un
calciatore. Solo se pratichi lo sport nazionale puoi di andare in tv,
essere antipatico, diventare una figura nazionale. Se pratichi solo
il nuoto, e per di più sei una donna, devi essere umile, simpatica,
con la testa sulle spalle. Zitta e nuota, e se non vinci ti tiriamo
anche i pomodori.
Ma l'usanza medievale di allestire
gogne sulla pubblica piazza, che nel secolo di internet è
splendidamente rappresentata dai social network, raggiunge il suo
apice con l'espulsione di Schwarzer per doping.
Apriti cielo, finalmente abbiamo un
mezzo tedesco da impiccare! Un popolo che ha imparato a perdonare
tutto, abituato alle raccomandazioni ed alle furberie, non può
accettare che un suo atleta prenda dell'epo. No, questo proprio non
si può. Errare è umano, ma in Italia non è permesso. Non nella
settimana delle olimpiadi, comunque.
E proprio questo quello che cercavo di
spiegare nella mia piccola introduzione: lo sport combatte l'obesità,
le insufficienze cardiache, persino la solitudine. Ma solo se gestito
da persone competenti, solo se praticato con un certo spirito.
Ma se la mentalità è quella medievale
dimostrata in queste olimpiadi dagli italiani, allora lo sport può
essere un'arma tremenda. Può persino distruggere la vita di un
atleta abituato al lavoro ed il sacrificio. Un ragazzo come Alex
Schwazer.
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