Prima ancora che su razzismo, prima ancora che sulla stessa secessione, il mito del leghismo si è fondato sulla purezza. Sulla capacità dei leghisti di rimanere imperturbabilmente diversi da tutti gli altri politici, presumibilmente corrotti ed incuranti dei loro elettori.
La grande capacità di Bossi è sempre stata quella di accendere nei suoi militanti la rabbia e la frustrazione nei confronti di uno stato capace di sommergerti di tasse ma totalmente inadatto ad offrirti servizi validi ed efficienti. Il grande sviluppo della lega è dovuto proprio a Mani Pulite ed al collasso della prima repubblica. La retorica leghista della diversità ontologica delle proprie intenzioni, la purezza della propria volontà rigenerante hanno convinto moltissimi italiani (non solo al nord), stanchi e schifati da politici corrotti.
Ma se vuoi ergerti a puro in un mare magnum di corrotti, non puoi permetterti il minimo sbaglio. E per lungo tempo i leghisti ci sono anche riusciti. O meglio, per lungo tempo Bossi c'è anche riuscito. Ai suoi militanti ha promesso fin dall’inizio poche cose, ma precise: il federalismo e la lotta all’immigrazione. Decentramento e razzismo. Semplice, populista e di sicuro impatto.
Ma poi la malattia di Bossi ed il fisiologico sfaldamento che colpisce tutti i movimenti che hanno obiettivi irrealizzabili ha lentamente eroso l’impianto ideologico su cui si basava il leghismo. Il sogno razzista di rendere il nord senza immigrati si è dimostrato una pura utopia, tanto che neanche una legge ideologica come la Bossi-Fini ha prodotto risultati apprezzabili, mentre il federalismo è rimasto lettera morta nonostante dodici anni di governo.
Persino i militanti più convinti si sono resi conto che la Padania rappresenta un territorio culturalmente e storicamente inesistente, avente la stessa consistenza giuridica dell’Assurdista. Il mito della secessione è stato il primo a crollare, seguito a ruota dalla pulizia etnica del nord e dal federalismo.
Ma come ho già detto, i militanti leghisti, la famosa base dura e pura, era pienamente e consapevolmente disposta a perdonare il totale fallimento del programma politico e culturale leghista. Perché quello che veramente volevano gli elettori del Carroccio non era una padania senza terroni, né tantomeno uno stato federalista. Quello che veramente desideravano i “verdi” era votare un movimento politico diverso dagli altri, un movimento di protesta e di lotta, un movimento “puro” e incorrotto.
Ma la permanente alleanza con Berlusconi e la lotta fratricida tra Bossi e Maroni hanno scalfito anche quest’ultima certezza. I dubbi dei militanti si sono poi ingigantiti con l’entrata in scena del Trota, un personaggio politico dalle dubbie capacità oratorie e dirigenziali, la cui ineguatezza era evidente persino in un ambiente come quello leghista che non brilla certo per intelligenza.
Ma il cuore della base è stato definitivamente spezzato dalla scoperta che il loro amato capo, Umberto Bossi, che aveva promesso di avercelo sempre duro, è corrotto e comprabile esattamente come tutti gli altri. La scoperta che anche lui, in fondo, non è diverso dai politici della prima repubblicaha distrutto la residua fiducia degli elettori leghisti.
Magari la Lega sopravvivrà al terribile scandalo, ma non sarà più la stessa. Non avrà mai più lo stesso peso. Perché la Padania si può sempre fare, ma la purezza, come la verginità, una volta perduta non si riacquista più.
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