martedì 1 novembre 2011

IL REFERENDUM GRECO ALLONTANA L'EUROPA DALLA DEMOCRAZIA.

Sembra proprio che Papandreu sia intenzionato ad indire un referendum per decidere se accettare o meno la nuova tranche di aiuti europei e, di conseguenza, un nuovo piano di austerity e di rigore sociale. Non bisogna essere catastrofisti per capire che in caso di rifiuto da parte del popolo greco la penisola ellenica potrebbe uscire dall'Ue.
Questa decisione mi trova in completo disaccordo per vari motivi, ciascuno legato all'altro dalla mia personale concezione di democrazia.

1)Prima di tutto mi sembra una decisione pericolosa per tutti i paesi europei. Nel periodo di crisi finanziaria ed economica che stiamo attraversando, le decisioni di un singolo stato membro possono cambiare il destino di tutta l'Europa, e mi sembra quantomeno irresponsabile dilatare i tempi di approvazione del fondo salvastati con i mercati che ci stanno letteralmente dissanguando.


2)Non ho apprezzato né il modo né i tempi con cui è stata presa la decisione. Annunciare una decisione di questa portata senza consultarsi con gli altri leader europei, attraverso un'apparizione quasi teatrale in televisione, mi è sembrato pericolosamente populista. Questa sarebbe democrazia, cambiare idea in pochi giorni e giocare sulla pelle di tutti i cittadini europei nel disperato tentativo di salvare la propria (semidistrutta) immagine politica? Oltretutto occorre considerare che la Grecia ha già ricevuto sostanziosi aiuti europei per diverse centinaia di miliardi di euro. Forse era il caso di prendere questa decisione prima di accettare l'assegno, no?

3)E adesso arriviamo al motivo principale: la democrazia. Sebbene molti salutino il ricorso al referendum come un sintomo di democraticità, a me sembra il contrario. Papandreu è stato votato un anno fa dai cittadini greci avendo come caposaldo nel suo programma la risoluzione della crisi del debito come paese membro dell'Ue, perché ritornare al voto? Il compito dei politici è quello di risolvere i problemi dei cittadini prendendosi le proprie responsabilità. Il governo ellenico non può venire meno ai propri doveri scaricando tutte le responsabilità sui propri elettori. Oltretutto, in un paese spezzato e dilaniato socialmente, il frutto della scelta lascerà comunque il paese in ginocchio, ma vanificherà qualsiasi tentativo europeo di salvataggio.
Il referendum dovrebbe essere un mezzo di democrazia diretta, non un rifugio per politici disperati. Papandreu non può chiedere ai cittadini se sono disposti o meno a fare dei sacrifici per salvare il proprio debito, perché è normale che nessun cittadino onesto vorrebbe farsi carico di questo peso di cui non ha nessuna colpa. Al massimo, il primo ministro potrebbe chiedere ai greci se vogliono rimanere o no nell'Unione Europa, ma deve essere onesto: tornare alla dracma sarebbe un cataclisma politico e sociale di proporzioni gigantesche. Per i greci e per tutti noi.

Mi trovo infine completamente in disaccordo con tutti coloro che continuano a dare la colpa alla Banca Centrale Europea dell'attuale crisi. Il debito pubblico italiano, greco e francese c'era ancora prima dei trattati costitutivi dell'Ue. C'era e ci sarà anche qualora uscissimo dall'Unione Europea, e siamo stati noi a crearlo. Noi italiani. Attaccare le istituzioni europee ed italiane invece che trovare un modo per uscire da questa situazione non cambierà lo stato attuale delle cose: siamo un paese indebitato,che ha vissuto per molto tempo ben al di sopra delle proprie possibilità, con dei problemi economici e sociali di tipo strutturale. Non basterà un referendum alla Papandreu o una promessa alla Berlusconi per risolvere le cose, servono riforme.