sabato 9 luglio 2011

Lettera aperta all’onorevole avvocato Niccolò Ghedini.

Carissimo Onorevole avvocato Niccolò Ghedini,
Sono un giovane studente della facoltà di giurisprudenza che le scrive questa lettera aperta (che sicuramente lei non avrà mai modo di leggere) per farle presente un’importante questione che credo la riguardi direttamente.

Lei  infatti, oltre ad essere un deputato del  Parlamento italiano, è il principale avvocato del nostro Presidente del Consiglio. Questo fa di lei il penalista più conosciuto d’Italia e, (credo), un esempio da seguire per molti giovani studenti di legge.

Ma proprio in questa sua doppia identità si annida il fulcro della questione. E’ sicuro di rappresentare un buon esempio per i futuri giuristi? Mi riesce infatti difficile capire come riesce a portare avanti il suo doppio incarico con imparzialità. Come fa ad esercitare il suo ruolo di parlamentare nell’interesse di tutti e quello di avvocato nell’interesse di uno solo?

E se anche lei fosse, come io non dubito, in completa buona fede, mi chiedo comunque cosa succeda quando è chiamato in parlamento ad esprimere il suo voto su questioni che magari, pur danneggiando il suo principale cliente, giovano all’intera nazione.

So già cosa risponderebbe a queste mia domande. Direbbe che non c’è alcuna norma che la costringe a scegliere tra l’essere parlamentare ed essere l’ avvocato del premier, potendo lei espletare entrambe le 
funzioni senza incorrere in alcun reato.

Ma il problema etico e morale rimane. E’ stato votato e percepisce uno stipendio (notevole) per  amministrare la cosa pubblica nell’interesse di tutti, eppure è allo stesso tempo (pagato) e chiamato nelle aule dei tribunali a difendere i bisogni di uno solo. Mi domando quale interesse prevalga nella stesura delle leggi che poi non avranno effetti solamente sul suo cliente, ma sui cittadini tutti.

Forse lei si limiterebbe a ricordarmi che numerosi parlamentari di entrambi gli schieramenti esercitano la libera professione congiuntamente con l’incarico parlamentare. Ed io le direi che ciò rimane comunque un brutto esempio per le generazioni future. Sarebbe bello se proprio lei si impegnasse in parlamento con una proposta di legge che vieti  tali commistioni.

Sarei infatti più tranquillo se sapessi con certezza che i politici che decidono sul mio futuro fossero 
 concentrati unicamente su quello.

Grazie dell’attenzione,
Francesco Pennesi.

mercoledì 6 luglio 2011

L'IMPATTO DELLA MANOVRA FINANZIARIA SU GIOVANI E UNIVERSITA'


La manovra economico-finanziaria che il Governo sta predisponendo, tra i mille distinguo anche interni alla maggioranza parlamentare, rappresenta senza dubbio l’ennesima stangata su un paese che ormai da anni vive sull’orlo del tracollo.
Il disagio economico e la condizione sostanziale di precarietà sociale e lavorativa sono, oggi, sotto gli occhi di tutti. In un quadro ormai drammatico, il Governo, che fa?  Innanzitutto i soliti  giochini e proclami sulla giustizia, in particolare intercettazioni, per mettere al riparo le vari lobby economiche che spuntano come funghi, e modifiche del codice di procedura civile per proteggere la Fininvest (azienda di famiglia) da un risarcimento di 750 Milioni di Euro. E poi elabora una manovra  da 47 Miliardi di Euro, per pareggiare i disavanzi e risanare i conti, come richiesto dall’Unione Europea.
Fin qui, come vedrete, nulla di strano.
Tuttavia, alcune misure della finanziaria altro non sono se non l’ennesima batosta sui cittadini, sulle classi sociali meno abbienti e sui giovani.
Non potendo ora entrare nel merito delle misure predisposte da Tremonti e dal suo ministero, mi limito a valutare come il costo della manovra (che peraltro potrebbe essere ripagata per metà con il denaro pubblico che andremo ad investire sulla TAV, circa 22 miliardi) non inficia minimamente sui grandi capitali e sulle fasce di reddito medio- alte. Piuttosto, va ad incidere su dipendenti pubblici, (vedi blocco del turn-over e blocco degli aumenti stipendiali) sui pensionati (vedi la rivalutazione delle pensioni dai 1400 Euro ai 2300 Euro) e come dicevo sui giovani.
Entrando però nel merito della questione Università, potremmo già da ora fare un piccolo pronostico su ciò che ci aspetta.
Oltre ai noti tagli in vigore (leggi dal 2008 ad oggi) che hanno già comportato l’aumento della tassazione in buona parte degli atenei italiani e la diminuzione delle borse di studio, l’attuale manovra, attraverso un taglio di 9 Miliardi di Euro agli enti locali, aggiuntivo a quello già previsto dalle precedenti finanziarie, non farà altro che ridurre ancor di più i servizi erogati agli studenti universitari.
Come sappiamo, quei servizi, quali alloggi, trasporti, ristorazione,ecc., garantiti a idonei e vincitori delle borse di studio per requisiti reddituali e/o di merito, sono per la quasi interezza erogati dalle Regioni, attraverso l’ente strumentale per il diritto allo studio (ERSU), attraverso un co-finanziamento Stato- Regioni.
Vista la drastica riduzione del fondo statale e l’ulteriore taglio alle Regioni, la diminuzione dei servizi e delle borse sembra quasi scontata.
Per non parlare poi di un ipotizzabile aumento della tassa regionale sul diritto allo studio. Attualmente questa ammonta a 90 Euro ed è compresa nel totale che gli studenti pagano nelle due rate della retta.
Già per l’anno accademico 2011-2012 la Regione Marche vorrebbe portare la quota da 90 a 105 Euro.
E’ più che ipotizzabile un ulteriore aggravio negli anni a venire.
Tutto ciò si collega anche ad un decreto legge con il quale il Governo vorrebbe riformare il diritto allo studio. Si tratta per il momento solo di una bozza ufficiosa sulla quale si stanno confrontando le varie rappresentanze e che a breve dovrebbe essere presentata alla competente commissione parlamentare. Un veloce sguardo mi ha permesso di capire però i presupposti di questo decreto. Come spesso è accaduto nelle ultime proposte normative, c’è l’esplicita nota “senza oneri finanziari aggiuntivi per lo Stato”.
In un quadro così pessimista qualcuno potrebbe obiettare che si tratta soltanto di ipotesi da me elaborate.
Tuttavia, la realtà di questi ultimi 3-4 anni ha dimostrato, più di qualsiasi parola vana, come tutte le ipotesi fatte sono poi divenute verità, con tutti i guai conseguenti.
Allo stesso tempo limitarsi però ad un’analisi sarebbe riduttivo.
E allora occorre guardare, anche con ottimismo, al futuro. Rimboccarci le maniche lavorando efficacemente per salvaguardare sapere e formazione.
E proprio una delle misure su cui le rappresentanze studentesche, insieme agli studenti tutti, dovrebbero spingere, è la riforma della contribuzione studentesca, con una rivisitazione delle fasce di reddito (aumento delle fasce con più scaglioni reddituali) al fine di far pagare di più a  chi ne ha la possibilità (redditi alti) e salvaguardare invece, come scritto “ad imperitura memoria” nella nostra Costituzione, i meno abbienti e privi di mezzi.


MARCO MONALDI
Senatore Accademico UniMc
Consigliere degli studenti UniMc

martedì 5 luglio 2011

La TAV: l'ennesima prosopopea tragicomica italiana.

La Tav rappresenta un’opportunità o un inutile costo per l’Italia? Non posso certo essere io a rispondere, dato che non voglio accodarmi ai numerosissimi “esperti” che cercano di dare una risposta al quesito senza avvalersi dello straccio di un numero, una prova, uno studio o un’analisi. Disgraziatamente, come sempre accade nelle questioni di una certa rilevanza, in Italia si improvvisano tutti professori .

L’opera avrà un impatto invasivo sul territorio, inutile negarlo. E per costruirla servono molti più soldi di quelli che abbiamo: 25 miliardi di euro, di cui solamente seicento provenienti dall’Unione Europea. Gli altri dovremmo metterli noi, anche se non si sa bene come, dato che abbiamo il terzo debito pubblico del mondo e dobbiamo già tagliare 43 miliardi di euro di spese pubbliche.

Quei pochi che non si sono lasciati sopraffare dall’isteria collettiva e si sono basati su dati concreti concordano solamente in una cosa: la linea ferroviaria già esistente tra Piemonte e Francia viene SOTTOutilizzata, mentre il trasporto su gomma viene SOVRAutilizzato.  Poi alcuni sostengono che prima di costruire un’opera mastodontica come la Tav sarebbe meglio potenziare i tratti già esistenti, altri dicono che se si abbandonassero i lavori si perderebbe un importante svincolo che costituisce una (notevole) spesa iniziale ma un investimento per il futuro.

TUTTI  sembrano essere d'accordo solamente su un punto. La Tav, per poter funzionare una volta costruita, dovrà dirottare il trasporto su gomma (i numerosi tir che ingolfano le nostre autostrade) verso quello a rotaie. E tale trasformazione non avverrà per magia o per grazia divina, ma occorrerà una politica di trasporti SERIA. Voi avete mai visto una politica seria e lungimirante in Italia? Ricordo che dobbiamo ancora finire la Salerno Reggio Calabria.
Morale della favola: io non so se costruire la Tav sia una buona idea. Ma il rischio che diventi un’immensa cattedrale del deserto mi sembra dietro l’angolo.

Ma è su un altro punto che desidero soffermarmi. Perché in Italia ogni progetto tecnico, che dovrebbe quindi suscitare delle discussioni di carattere tecnico, diventa una tragedia politico sociale?
La tav è l’ennesima prosopopea tragicomica italiana. Dimostra la nostra totale incapacità di uscire fuori da schemi mentali ed ideologici ormai vecchi, stantii.

Io non so perché moltissimi ragazzi sentano il bisogno di diventare black bloc. Non so perché lo fanno, non so cosa sperino di ottenere. Credo però che facciano un danno a tutti quelli che protestano legittimamente e pacificamente.  Offuscano i veri motivi della protesta.
E non capisco neanche perché ogni volta che ci sono gli scontri tra polizia e manifestanti la questione diventa politica. Quelli di destra si schierano con quelli che hanno i manganelli, quelli di sinistra con quelli che hanno i sassi. Come se gli scontri fossero una partita di calcio e non una sconfitta per tutti.

La verità è che la politica è felice dei combattimenti, della violenza. Perché così almeno può radicalizzare ogni cosa, può dire che sono solo i centri sociali che non vogliono l’opera. Ed in questo modo non deve dare spiegazioni, non deve dare numeri sui costi e sull’utilità dell’opera. Così può evitare le spiegazioni.
Torno a ripetere: non sto dicendo che la Tav non debba essere fatta. Sto dicendo che ai piani alti nessuno si è preoccupato di spiegarci i perché, i come, i quando.  Per loro è più facile andare avanti per slogan, è più facile dire “se non la facciamo restiamo fuori dall’Europa”, “dobbiamo farla se no perdiamo i fondi europei”.
Se si cercasse maggiormente il dialogo, forse si toglierebbe benzina alla macchina della violenza.
http://www.ilpost.it/filippozuliani/2011/07/01/i-numeri-della-tav
/http://www.ilpost.it/2011/07/05/tav-valsusa/

venerdì 1 luglio 2011

Quando qualcuno si crede di sinistra, ma in realtà è solo antiberlusconiano.



Un tempo, ormai molto lontano, quando i comunisti esistevano ancora, gli uomini di sinistra volevano modificare la costituzione  per creare una società in cui il divario tra i ceti fosse meno lacerante. Oggi invece guai a che la tocca, perché occorre difenderla da Berlusconi  e dalle sue leggi ad personam.

Un tempo, ormai dimenticato, gli uomini di sinistra si preoccupavano prima di tutti degli ultimi. Adesso invece bisogna preoccuparsi un po’ di tutti, perché se no i ricchi votano tutti Berlusconi.

Un tempo, (chissà se è esistito!?), le persone di sinistra avevano il coraggio di indignarsi e prendere posizioni forti, ma adesso è meglio non farlo, perché altrimenti ti accusano di non essere moderato.

Un tempo, forse troppo commiserato, la sinistra era  dalla parte dei lavoratori. Adesso invece bisogna dar retta anche agli industriali, perché gli operai  tanto votano lega, e se non la votano sono bamboccioni.

Un tempo, qualche generazione prima della mia, gli uomini di sinistra cercavano un altro Berlinguer. Adesso si spera in Montezemolo, che è poi un Berlusconi di sinistra.

Un tempo, quando ancora si iniziavano le frasi con “c’era una volta”, la sinistra voleva una vera separazione tra stato e chiesa. Poi sono arrivati Letta e Fioroni.

Un tempo, un tempo, un tempo. Soffro di primitivismo. Vorrei una sinistra che forse non è mai neanche esistita. O forse è esistita, ma si è estinta con la nascita del Pd (e di Renzi).

Io sono di sinistra. O forse sono solo antiberlusconiano?