domenica 23 settembre 2012

Sallusti non ha la mia solidarietà.

Sallusti non ha la mia solidarietà. Penso che la giustizia debba fare il suo corso e che i giudici abbiano il dovere di applicare la legge. E se verrà condannato ad un anno e tre mesi di carcere spero che Napolitano abbia la decenza di non concedere la grazia.

E' intervenuto persino Travaglio, il suo arcinemico. Segno che molto spesso quelli che davanti alle telecamere si scannano, poi a microfoni spenti si ritrovano dalla stessa parte della barricata. Quella dei privilegiati.

Intendiamoci, i numerosi casi di responsabilità oggettiva presenti nel nostro codice penale sono un odioso retaggio fascista ed andrebbero eliminati. La responsabilità penale deve essere personale e nessuno dovrebbe rischiare il carcere per un fatto altrui.
Ma Sallusti, che non si è mai vergognato di utilizzare la sua posizione per distruggere la reputazione di terzi, non sta affrontando un processo per aver esposto le sue idee (come sostiene lui) ma per diffamazione. Non perché ha esercitato il suo sacrosanto diritto di cronaca, ma perché ha diffamato un'altra persone, per la precisione un magistrato che si trovava a lavorare in un contesto delicato.

In nessun ordinamento giuridico dovrebbe essere lecita la distruzione sistematica della reputazione e del buon nome di altre persone. Ed infatti, nonostante quello che dicano alcuni, il reato di diffamazione è espressamente previsto in numerosi codici penali in Europa e nel mondo.

Certo, la sanzione prevista rispetto al fatto commesso è completamente sproporzionata, ingiusta, quasi certamente incostituzionale. Ma onestamente non mi interessa. Non mi interessano le alzate di scudi di questi signori giornalisti, di questi politici che si accorgono che il nostro sistema giuridico fa acqua da tutte le parti soltanto quando viene colpito uno di loro.

Dove sono i parlamentari, i giornalisti, i garantisti quando si tratta di denunciare il sovraffollamento inumano delle carceri? Perché Sallusti merita di essere salvato dalle storture di un sistema giuridico sempre più disfunzionale, quando 28000 (VENTOTTOMILA) persone, ventottomila innocenti, si trovano nelle carceri italiani in custodia preventiva, senza aver avuto la possibilità di dimostrare la loro innocenza? Lorsignori sono a conoscenza del fatto che quindicimila di questi detenuti sono in attesa del giudizio di primo grado?

Lo sanno, certo che lo sanno. Ma Sallusti è il direttore di un quotidiano di diffusione nazionale. E' un italiano privilegiato, un cittadino che non può essere vittima delle storture di un sistema giudiziario sempre più barbaro ed incivile.

Perché ormai il livello di ingiustizia in questo paese si è fatto così intollerabile che esistono due tipi di italiani. I privilegiati, che si aiutano a vicenda ed in un modo o nell'altro si salvano sempre, ed i poveracci, che se finiscono in carcere senza processo devono esserselo in qualche modo meritato. Quelli che ricevono la grazia direttamente dal Presidente della Repubblica e quelli che si suicidano in una cella sovraffollata.

martedì 11 settembre 2012

9/01/2001:Il nostro più grande alibi.


Mi ricordo l'undici settembre del 2001. Ero piccolo e stavo sul letto a guardare l'ennesima puntata di happy days quando c'è stata l'edizione straordinaria del telegiornale. Nessuno ci credeva. Tutta la famiglia guardava le immagini del crollo, dell'aereo, del fumo con uno sguardo catatonico. Abbiamo avuto bisogno di aspettare il notiziario della sera per convincerci che l'attentato era avvenuto per davvero. Ad undici anni dalla tragedia lo sgomento è venuto meno, la paura ancora no.

Persino i più convinti degli antiamericani erano consapevoli che quell'attacco non era diretto soltanto agli Stati Uniti. Era un messaggio all'Occidente opulento, per certi versi violento e saccheggiatore, ma soprattutto laico, “infedele”.

Da quel giorno ci siamo sentiti accerchiati, colpiti al cuore. Una sindrome di accerchiamento che ci ha impedito di guardare non solo il mondo islamico, ma tutti gli altri mondi con lucidità. Quelle torri distrutte, quelle persone morte in quel modo orribile sono diventati il nostro alibi per fingere di non vedere, per continuare a fare quello che abbiamo sempre fatto: cooperare con gli Altri senza considerarli mai uguali, mai abbastanza evoluti.

Tremila persone sono morte direttamente in questa tragedia senza senso, frutto di una interpretazione di un testo sacro che, al contrario di quello che pensano in molti, potrebbe essere portatore di cultura e tolleranza esattamente come il Vangelo. Ma quei tremila americani sono soltanto la superficie, perché oggi appare impossibile non considerare tra i caduti anche i 100000 civili afghani ed i 68000  iracheni, morti in due guerre assurde che hanno attizzato il fuoco dell'odio piuttosto che spegnerlo.

Alibi, dicevo. Quell'attentato è stato anche l'alibi che cercavamo per continuare a credere che gli islamici non sono in grado di creare una società laica se non attraverso sanguinose dittature foraggiate dall'occidente. Come se noi non avessimo e non continuassimo ad avere difficili rapporti tra potere sacro e profano, come se il fanatismo fosse un dramma tutto orientale.

Neanche la primavera araba è riuscita a smuovere le nostre coscienze. Abbiamo continuato a vedere questi giovani in cerca di libertà come un fastidio piuttosto che un'opportunità. Quando gli italiani lottavano per la loro indipendenza erano visti con simpatia dai popoli di tutta Europa (popoli, non governi), e Garibaldi nei suoi viaggi era accolto come un eroe di fama mondiale.
Noi invece nelle rivolte arabe abbiamo provato soltanto paura e diffidenza. Paura di venire assaliti da masse incontrollate di stranieri. Diffidenza, perché alla fine soltanto noi ci meritiamo di vivere in democrazia.

Piango le vittime del 911 ma piango anche le nostre ipocrisie e le nostre paure. Spesso comprensibili ma quasi sempre totalmente infondate.

domenica 9 settembre 2012

L'inadeguatezza del Bersani candidato.

Il ruolo di Bersani in queste primarie appare quantomeno ambiguo. Con Nichi Vendola uscito inspiegabilmente di scena (a proposito, se qualcuno sa dove si trova informatelo che la campagna elettorale per la guida del centro sinistra è iniziata), Bersani sembra essere rimasto l'unico credibile oppositore di un lanciatissimo Matteo Renzi.

Ma mentre il sindaco di Firenze ha capito perfettamente come si fa politica nel mondo di oggi, Bersani sta perdendo terreno e lucidità commettendo errori (a mio parere) facilmente evitabili.

Renzi, guardando intelligentemente alla politica statunitense, sa benissimo che in campagna elettorale è fondamentale regalare emozioni, proiettando le proprie ambizioni nella mente dei cittadini. Traendo spunto dai candidati americani, si è messo a scrivere libri (che, pur criticatissimi, sembrano essere decisamente più fruibili della raccolta di interviste pubblicata da Bersani), è sempre presente nel web (twitta quotidianamente) ed i suoi discorsi avvicinano non solo i delusi dal pd ma tanti liberali del pdl.

Bersani, d'altro canto, appare totalmente inadeguato alla comunicazione sul web (come splendidamente spiegato da Mantellini sul post) ed i suoi discorsi sembrano infervorare soltanto i militanti, gli unici a sentirsi vicini al segretario per via di una storia politica affine e di una comune militanza all'interno del partito.
In questo, bisogna dirlo, Bersani è molto bravo: è capace di coccolare ed incoraggiare gli iscritti pd, facendoli sentire parte di qualcosa di più grande. Ma le sue frasi iniziano tutte con un plurale maiestatis (“noi vogliamo”/ “il pd vuole”) completamente inadatto a coinvolgere tutti quelli che al di fuori dal partito dovrebbero essere spinti a votarlo come candidato del centro sinistra (e poi come premier).

Altro (grossolano) errore è stato quello di incassare più o meno volontariamente l'appoggio di tutti i big del partito. Ottenere l'approvazione di Veltroni e D'alema ha fatto il gioco di Renzi, che spesso preferisce fare la figura del rottamatore (io sono il nuovo che avanza, lui è la diretta emanazione dei vecchi dirigenti incapaci) piuttosto che parlare di contenuti e progetti.

Almeno in questa campagna elettorale per le primarie, che si fa ogni giorno sempre più serrata, Bersani dovrebbe smetterla di comportarsi come un arbitro imparziale che cerca di mettere pace tra le varie anime del partito e trasformarsi in candidato e competitore. Per farlo deve iniziare a parlare di leggi, di economia, di progetti politici.

Se la competizione continuerà a basarsi sui proclami e sulla capacità di emozionare ed emozionarsi, Renzi (così come Vendola) sarà sempre più adatto di lui. Il campo in cui Bersani può competere alla pari con il sindaco di Firenze sono i contenuti. Soltanto i contenuti.

Bersani deve dimostrare al popolo della sinistra di appartenere genuinamente alla socialdemocrazia europea. Deve ricordare a tutti quelli che andranno a votare che le sue intenzioni sono quelle (sacrosante) di snellire la burocrazia, individuare e smantellare le numerose corporazioni che affossano il paese, abbassare le tasse. Ma che ha intenzione di farlo senza cancellare la parola welfare dal vocabolario politico.

Solo in questo modo Renzi sarà costretto ad abbandonare tutte le riserve e spiegarci finalmente che modello economico e sociale vuole per il futuro. Perché come dimostra la mancata risposta ai quesiti di Polito, il giovane sindaco fa fatica a sbottonarsi. Mentre noi per votare con coscienza ed onniscenza abbiamo un assoluto bisogno di saperlo.

venerdì 7 settembre 2012

Lo sfogo di Favia



Lo sfogo di Favia non ha stupito né i detrattori né i simpatizzanti di Grillo. Che nel Movimento Cinque Stelle mancasse totalmente la democrazia ed il dibattito interno era noto a tutti, e non serviva una conversazione estorta di nascosto per averne la prova definitiva.

Dispiace certamente che il consigliere regionale, invece che confermare le sue affermazioni ed aprire finalmente un dibattito interno nel movimento, prometta le dimissioni come se questa fosse l'unica soluzione possibile per tutti coloro che criticano il padre padrone. Ennesima sconfitta di un Movimento che si dimostra ogni giorno di più lacerato dalle contraddizioni, con il capo ed i suoi fedelissimi privi di una visione del paese che vada al di là dei facili slogan e delle promesse a buon mercato.

Divertente è poi la maniera in cui Favia si autoassolve: “La colpa è mia. Due anni in mezzo agli squali non mi hanno fatto crescere sullo stomaco tutto quel pelo che serve per reggere la pressione che c'è oggi intorno al Movimento".
Gli altri, TUTTI gli altri, sarebbero degli squali pronti ad azzannarti alla prima occasione. Lui, invece, che ha spudoratamente mentito in diretta tv giurando e spergiurando che Casaleggio non aveva alcuna rilevanza all'interno del Movimento (mentre invece pensava l'esatto contrario) è un chiaro esempio di correttezza ed onestà intellettuale.

Purtroppo nel web è già iniziata la controffensiva del popolo dei grillini, i quali stanno tempestando di insulti chiunque provi a muovere critiche a questo modo di fare politica. Ormai la fede nel capo ha nettamente prevalso sui valori e sulla capacità di critica. Esattamente come era successo con Bossi e con Berlusconi.

A quanto pare siamo sempre in cerca di qualche salvatore a cui affidarci. Quando questo ci tradisce abbandoniamo qualsiasi fiducia nella politica, oppure cerchiamo velocemente un altro ducetto che ci possa imbonire in tutta tranquillità.




giovedì 6 settembre 2012

I complottisti dell'Euro.



Giusto ieri, passando una infruttuosa serata su Twitter, ho avuto un veloce scambio di battute con Claudio Borghi (giornalista de Il Giornale ed economista) tirato in ballo dal mio nuovo amico Bruno. Oggetto della discussione la pretesa (a mio parere populista) di uscire dall'euro e tornare alla mai dimenticata lira.





Ho apprezzato lo scambio di battute che è stato civile e spiritoso. Quello che invece mi ha stupito sono stati i numerosi messaggi che ho ricevuto poi da militanti antieuropei (non tutti grillini) i quali mi accusavano di essere un "indottrinato da Monti", uno studente "ignorante", uno che dovrebbe "aprire gli occhi".

Ritengo che pretendere di potenziare l'export attraverso la svalutazione di una moneta che neanche esiste più (invece che iniziare a pensare a come migliorare i nostri prodotti) sia demagogico e senza senso, ma cerco sempre di ascoltare e di imparare qualcosa. Quello che mi ha stupito è il gran numero di persone che, un pò per colpa della crisi un pò per via dell'ignoranza, ritengono che l'adozione dell'Euro sia stata una gigantesca congiura dei tedeschi ai danni dell'Italia.

Pur volendo sopravvalutare enormemente le capacità del popolo germanico, non si capisce proprio come la classe dirigente teutonica sarebbe riuscita a fregare l'Italia (e tutti le altre nazioni europee) convincendola a sostituire la lira con la moneta unica. Questa teoria complottistica è così assurda che assomiglia alle stronzate sulle scie chimiche,quasi mi vergogno a scriverne. Sta di fatto che queste persone convinte di avere la Verità dentro la tasca, questa gente che ti accusa di essere indottrinato se non la pensi come loro costituiscono una delle cause del disastro del paese. Non certo la soluzione.

mercoledì 5 settembre 2012

Il teatrino delle alleanze.

I politici italiani cercano disperatamente un rapido consenso che scivola inesorabilmente via nei sondaggi. Preistoriche figure si aggirano tra le liste bloccate della politica peninsulare, ed in particolare tra la sinistra di questo paese confuso.
In una situazione stravolta dall'incertezza sul futuro economico, un ceto politico serio dovrebbe pensare ai contenuti. Dovrebbe guardare ad un progetto credibile per crescere, o quantomeno per smettere di cadere.

Non dovrebbe essere troppo difficile: del resto i disastri Berlusconiani avrebbero consegnato il paese a qualsiasi sinistra del mondo. Ma non alla sinistra italica. No, non al Pd. Un partito serio avrebbe stilato un programma leggibile anche da una persona che non ha cinque lauree e l'avrebbe pubblicizzato. Non un tomo di cinquemila pagine, un programma breve e comprensibile. Poi avrebbe trovato uno o due alleati disposti a condividerlo ed organizzato delle primarie credibili (possibilmente con uno statuto) Basta, nient'altro.

No, il Pd questo non lo può fare. Perché deve ascoltare D'Alema che non vuole Vendola che a sua volta rifugge Casini mentre Bersani cerca di fare l'ammucchiata contro Renzi. Una politica fatta di nomi, sigle, acronimi in un paese che vuole risposte concrete. Ma quando manca la concretezza, quando mancano le risposte ai problemi dei cittadini, allora diventa tutta una caciara. E nella caciara vince il più bello, il più simpatico, il più fico. Quello di successo, quello che buca lo schermo. Nella caciara vince Berlusconi, che intanto ha perso sette chili e vuole tornare in politica.

Risposte concrete, che non significano risposte facili. In un paese in preda alla crisi bisogna avere il coraggio di dire dove il paese deve andare. Che può non essere il luogo che vorrebbero i cittadini. Almeno non sempre.

I cittadini sono svegli, apprezzano chi fa una scelta, chi si occupa del lavoro, dell'economia, della cultura, dell'istruzione, dei diritti civili. Ma se parli solo di acronimi, di sigle, di Vendoli e Casini, allora gli italiani pensano che sei un cazzaro. E se sei un cazzaro penoso, allora tanto vale sceglire quello che lo fa meglio, il cazzaro. Tanto vale scegliere Grillo e Berlusconi.

Parliamo di scelte, cazzo. Basta con questo modo di fare i pupazzi nel teatrino delle alleanze. Perché se la politica diventa una scelta tra comici, i cittadini sceglieranno sempre Beppe e Silvio. Loro, almeno,il comico lo fanno di professione.