giovedì 5 maggio 2011

Una Repubblica clientelare fondata su Scilipoti


Alla fine è accaduto l’inevitabile: il rimpasto di governo c’è stato. Nove  responsabili sono entrati nell’organigramma di governo come sottosegretari, oltre al (leader) Romani che, meno di tre settimane fa, è stato promosso da inquisito per mafia e corruzione a ministro dell’agricoltura.
Berlusconi giura che questi nuovi incarichi servono per le riforme, anche se non si capisce poi a cosa possa servire nominare uno come Calearo (ex Pd e Udc), con zero esperienza in tutto ciò che non riguardi trasformismo e sommovimenti parlamentari, consigliere economico del primo ministro.
Tutto questa farsa (e questo spreco di denaro pubblico) riesce addirittura a superare gli scempi del governo Prodi, che aveva dovuto affidare il ministero della giustizia a Mastella (laureato in filosofia, zero esperienza giuridica) ed aveva sdoppiato il ministero dei trasporti pubblici e quello delle infrastrutture pur di accontentare tutti i partiti di governo.

La cosa sconcertante rimane però l’indifferenza complessiva e generale con cui gli italiani hanno accolto la nascita dei responsabili, un’accozzaglia di parlamentari senza alcun progetto politico se non quello di vendersi a Berlusconi politicamente e, probabilmente, anche economicamente, dato che lo stesso Razzi (ex Idv) prima di passare con la “terza gamba” del governo aveva denunciato i numerosi tentativi da parte di Verdini (coordinatore Pdl) di comprare parlamentari dell’opposizione.
Non voglio illudere nessuno, il trasformismo parlamentare in Italia ha compiuto centocinquant’anni insieme alla repubblica, tuttavia è la prima volta che un gruppo di trasformisti senza arte ne parte arriva a formare un gruppo autonomo,alla luce del sole, ammettendo implicitamente di non vergognarsi per quello che è: un insieme di venduti, mercenari, transfughi in balia delle poltrone.

Il fatto che i responsabili vadano in televisione, siano trattati con rispetto, si permettano di fare la morale agli altri non ci indigna. Anzi ci lascia indifferenti. Abbiamo ormai omeopaticamente imparato ad affrontare qualsiasi disgrazia politica e sociale con naturalezza, con la nonchalance di chi ormai, avendo visto tutto, non si stupisce più di niente.

Ma il fatto che gli italiani non si preoccupano, non si arrabbiano più per quello che accade in parlamento è il segno lampante della tremenda rottura tra ceto politico e società civile.
Questo divario tra le parole dei politici e il quotidiano che il resto della società si trova ad affrontare deve essere ricucito in qualche modo. Altrimenti questo paese non potrà mai ripartire. Altrimenti saremo sempre guidati da Scilipoti.  


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