lunedì 20 ottobre 2014

ONORA IL PADRE (MODIGLIANI #2)


L’investigatore Modigliani stava sorseggiando lentamente la sua Guinness, quando il suo assistente gli si sedette di fronte.
-Bismarck! -
Esclamò entusiasta il detective. Aveva gli occhi strabuzzati e l’alito intriso di alcool. Intorno a lui altri commensali bevevano, urlavano, flirtavano e bestemmiavano. Ma fino a quel momento tutte le attenzioni di Modigliani si erano concentrate sul boccale parcheggiato davanti a lui.
-quale buon vento ti porta al mio tavolo? -
Bismarck lo fissò gelidamente. L’assistente di Modigliani era alto per essere un nano, ma sempre un nano rimaneva. Per questo faceva una certa fatica a rimanere composto, con i gomiti appoggiati su un tavolo troppo alto per lui.
-Sa benissimo perché sono qui, Modigliani. Gli stipendi arretrati. Mi deve cinquemila euro, razza di cretino patentato. Non vivo d’aria, ho bisogno di mangiare anche io. O crede forse che nel tempo libero lavori in un circo? -
Modigliani afferrò il boccale e ingoiò un lungo sorso di birra.  Poi ruttò.
-Se hai bisogno di soldi, vai dalla Signora Ottaviano. Deve ancora pagarmi questo mese. –
Bismarck saltò dalla sedia.
-la Signora Ottaviano? Da quanto tempo è che spilla dei soldi a quella povera vecchietta, Modigliani? Eravamo andati a casa sua quanto tempo fa, due anni fa? E non c’era nessun maledetto spirito a casa sua, neanche uno. Le sta facendo credere che la sua casa è ancora infestata, non è vero? -
Modigliani scacciò quei pensieri col dorso della mano.
-Quante domande, amico mio! Sei il mio assistente o il mio strizzacervelli? Io non ho detto niente alla Signora. Ma se la vecchietta crede di aver bisogno del mio aiuto per tenere casa sua pulita dagli spiriti, chi sono io per dirle il contrario? E del resto è la vedova di un notaio, ed ha talmente tanti soldi che i miei piccoli prelievi non intaccheranno di sicuro la sua pensione. Chiamala, se vuoi, ridistribuzione della ricchezza -
Bismarck scosse la testa, affranto.
-lei è veramente un pezzo di merda, Modigliani. -
Modigliani sorrise.
-Vado a prendere un’altra birra. –
Il detective barcollò da un tavolo all’altro fino a raggiungere il bancone. Si appoggiò sul sedere di una giovane studentessa, rimbalzò sul pancione di un avventore e tagliò la strada a due camionisti che giocavano a freccette, ma alla fine raggiunse la meta. Una delle cameriere gli si avvicinò.
-signore, ha già bevuto tre litri di birra. Deve pagarmi prima di prendere qualcos’altro. –
-certo, certo. Vede quel nano al mio tavolo? - rispose indicando Bismarck- quello con quei baffi ridicoli? È il mio assistente. Paga sempre lui per me. –
Modigliani si voltò verso il bancone.
-un Montenegro liscio, grazie. –
-facciamo due- disse una voce alla sua sinistra.
Modigliani si voltò.
Una ragazza dalla carnagione scura, olivastra, era appoggiata vicino a lui. Modigliani fece un passo indietro per osservarla meglio. Aveva dei pantaloni attillati che non lasciavano immaginare niente, ed una giacca molto elegante. Una donna in carriera che non si vergognava della sua bellezza, oppure una prostituta d’alta classe che voleva spillargli dei soldi che non aveva.

Parlarono per un po’. O meglio, lei parlò. Modigliani si limitò a farfugliare qualcosa. Era troppo ubriaco per seguire il discorso nella sua interezza. Carpiva bocconi di conversazione, in cui si intrometteva per far capire alla ragazza che era ancora sveglio.
Che rubacuori che sei, Detective Modigliani.
-allora, mi dici come ti chiami o no?- chiese dopo un po’ la ragazza.
-Philippe. Philippe Modigliani. –
La ragazza lo scrutò attentamente. Si passò la lingua tra le labbra, o almeno così parve alla mente annebbiata di Modigliani.
-e cosa fai per vivere, Philippe? –
-ammazzo mostri, caccio spettri, mercanteggio con gli spiriti. Quando una cosa morta non rimane morta, la gente chiama me. -
La ragazza gli poggiò una mano sulla spalla.
La stai conquistando, Modigliani.
-sembra un lavoro pericoloso- sussurrò.
-non è un lavoro pericoloso, cara. Ma in effetti succedono cose pericolose mentre lavoro, si. –
La ragazza gli si avvicinò ancora di più. Adesso poteva sentire il calore del suo corpo contro il suo. Cercò di non alitarle in faccia. Aveva passato le ultime tre ore a bere e non riusciva a ricordarsi quale fosse l’ultima volta in cui si era lavato i denti.
-sono un po’ stanca. Mi riaccompagneresti a casa? –
La ragazza sorrideva in un modo così sfrontato che sembrava quasi sincero. Neanche la maga circe sarebbe stata capace di arrivare a tanto.
Non andare, Modigliani. È chiaramente una trappola. Quella donna vuole spillarti i pochi spicci che ti sono rimasti in tasca. Rispondi di no.
-ma certo, cara. Dove abiti? –
-Non lontano da qui. Prenderemo un taxi. –
Mentre uscivano passarono vicino al tavolo di Bismarck. Il nano afferrò Modigliani per una spalla.
-Detective, se una cosa è troppo bella per essere vera, di solito non lo è.-
-vivi la vita, Bismarck. Perché quando saremo morti dovremo rimanere morti. –
Modigliani e la ragazza uscirono del locale a braccetto, zigzagando tra un cliente e l’altro. Modigliani sembrava mezzo morto. Trascinava la gamba sinistra come uno zombie. La ragazza lo doveva reggere in piedi.
-imbecille- sbottò Bismarck mentre il detective abbandonava il pub.

-posso avere un bicchier d’acqua? - chiese Modigliani una volta entrati.
Era un piccolo appartamento a venti minuti di taxi dal locale. Il detective aveva dovuto utilizzare gli ultimi quindici euro che gli erano rimasti per pagare la corsa. Con quei soldi avrebbe dovuto farci pranzo e cena il giorno dopo, ma ehi, si vive una volta sola.
Il detective fece scorrere l’acqua dal rubinetto. Si guardò in giro per capire se la ragazza lo stesse osservando. Non appena si accorse di essere da solo ficcò la testa sotto l’acqua, nella vana speranza di riprendere un po’ di colore.
-vieni, Philippe, sono in camera da letto! - urlò la ragazza dall’altra parte dell’appartamento.
Il detective cercò in tasca finché non trovò la pillola. Poi la ingurgitò senza acqua.
Attraversò il salotto velocemente. La ragazza era allungata sul letto, mezza nuda, che lo aspettava.
-non perdi tempo, eh? – disse Modigliani, cercando di vaporizzare il reggiseno di pizzo con la forza del pensiero.
-vieni a letto. -  disse lei.
-arrivo subito- disse lui. 
Si allungò sopra di lei, iniziandola a baciare. Sentiva già la pillola fare effetto…al piano di sotto. Un elisir che aveva scoperto in africa orientale, e veniva utilizzato dallo sciamano della tribù per trovare la forza di impollinare tutte le sue mogli durante il periodo della fertilità. Un tipo instancabile, dato che la sua famiglia era formata da dodici mogli e quaranta bambini.
Lei si fece trovare pronta. Iniziò a baciarlo con una foga tale da coglierlo di sorpresa. Modigliani ricambiò il bacio, estasiato.
Poi lei con una presa ferrea gli agguantò il polso e lo ammanettò al letto.
-ti piace questo genere di cose, eh? – disse il detective.
-si, dammi l’altra mano. - sussurrò lei.
Modigliani obbedì. Quando fu finalmente legato come un salame, lei gli tolse la camicia impregnata di alcool e sudore. Il detective rimase a torso nudo. La pelle scura della ragazza si confondeva a tratti con la coperta nera del letto. La ragazza smise di baciarlo in bocca. Iniziò a scendere sempre di più. Prima sul collo, poi sul petto, poi giù fino alla pancia. Modigliani iniziò ad intravedere le porte del paradiso.
-basta così, Elena- disse una voce davanti a loro – a guardarti sembra proprio che ci stia prendendo gusto. –
Davanti a loro c’era la ragazza che aveva conosciuto al locale, con la stessa giacca e gli stessi pantaloni attillati. Modigliani fissò la ragazza mezza nuda che era accovacciata sopra di lui.
Erano uguali.
-abbiamo un lavoro per te, Detective Modigliani. -
Il detective fissò la propria erezione. Poteva sentirla e vederla nonostante la ragazza sopra di lui e la vista annebbiata dall’alcool.
-non potevi aspettare dieci minuti prima di fare la tua entrata scenica? –

Modigliani era ancora legato sul letto, a torso nudo, ed un terribile mal di testa. La sbronza stava passando, ed il demone dei postumi stava lentamente prendendo piede.
-quindi siete veramente due, non sono io che sono sbronzo, giusto? –
La ragazza vestita scoppiò a ridere.
-si, siamo due. Io mi chiamo Caterina, e sono quella che ti ha accalappiato al bar, mentre lei- disse indicando la ragazza mezza nuda – è mia sorella Elena. –
Modigliani le fissò.
-cosa siete? Succubi? Mutaforma? Demoni? -
-No, Philippe. Siamo soltanto sorelle gemelle. –
-ah- sospirò il detective, deluso.
-e per quale diavolo di motivo non siete venute nel mio ufficio? - urlò il detective.
-siamo passati tre volte nelle ultime due settimane, Modigliani. Ma non hai voluto neanche riceverci quando hai scoperto che non avevamo i soldi necessari per pagarti-
-ah-
Elena guardò la sorella, imbarazzata.
-non potremmo liberarlo, Caterina? –
-no- rispose la sorella – abbiamo bisogno di lui, ricordi? Non l’abbiamo portato qui per gingillarti con lui. -
-cosa vorresti insinuare? - urlò la ragazza in déshabillé. –guarda che l’idea di rimorchiarlo è stata mia! -
Iniziarono a litigare. Ogni urla entrava in un orecchio di Modigliani ed iniziava a rimbalzare da una parete all’altra del cranio. Il demone dei postumi aveva preso il controllo del suo corpo.
-basta! - urlò il detective. –ditemi cosa volete. Farò tutto quello che mi chiederete, basta che la smettiate di urlare. -
Caterina lo fissò. 
-si tratta di nostra sorella…-
-un’altra? -
-si, siamo in tre. O meglio, eravamo in tre. Due mesi fa Jessica si è suicidata. Soffriva di depressione, era sempre molto triste. Vicino casa nostra c’era un cantiere. Una notte è salita su una delle gru e si è lanciata nel vuoto. -
-mi dispiace- disse Modigliani – ma cosa c’entro io con tutto questo? -
Elena si sedette al bordo del letto. Si sporse ed accarezzò il detective affettuosamente sulla guancia.
-noi gemelle monozigote siamo collegate in un modo…quasi soprannaturale, Philippe. E sentiamo entrambe che nostra sorella è in qualche guaio dall’altra parte, come se fosse rimasta bloccata. -
-il limbo- sussurrò Modigliani.
-cosa è il limbo? - chiese Caterina.
-un luogo neutro, tra inferno e paradiso. Di solito ci finiscono le persone che hanno fatto male a qualcuno, ma in buona fede. –
Elena guardò in basso.
-nostro padre…era già molto anziano… appena ha saputo del suicidio di Jessica ha avuto un infarto. È ancora in coma. –
-ecco, causare un infarto a tuo padre è un buon motivo per finire nel limbo. -
-e cosa succede nel limbo? -
-niente, si aspetta-
-aspetta cosa? -
-che cosa vuoi che ne sappia io! Non ci sono mai stato! Si aspetta la redenzione, il perdono, o semplicemente un cazzo di niente! -
Caterina fissò il detective.
-abbiamo bisogno di te. Vogliamo che tiri fuori Jessica dal limbo. -
Modigliani rise. Una risata piena di paura.
-tirarla fuori? Per farla andare dove? -
-dovunque debba andare- disse Elena, triste- all’inferno, o in paradiso. Purché non rimanga bloccata in quel luogo. -
Modigliani rimase in silenzio. Le manette troppo strette iniziavano a fargli male ai polsi.
-va bene, lo farò. -
-sul serio? - chiese Caterina.
-non lo faccio solo per voi. Per me siete soltanto due stronze che si approfittano di un povero detective ubriaco. Ho un conto in sospeso con il tizio che comanda il limbo. Chiamate il mio assistente e fatelo venire qui. -
Caterina andò in salotto, dove era il telefono.
Modigliani cinse con entrambe le mani i fianchi di Elena, che era ancora seduta mezza nuda sul bordo del letto.
-tua sorella ha una scopa in culo…quando tutto questo sarà finito pensi che potremo riprendere da dove avevamo interrotto? -
Elena si voltò, spaventata ed eccitata al tempo stesso. Fissava le mani, libere dalle manette.
-come hai fatto a liberarti? -
-quando una cosa è troppo bella per essere vera, di solito non lo è.-

Erano tutti e quattro in bagno. Modigliani, Bismarck e le due sorelle.  Il detective era disteso sulla vasca, in mutande, con l’acqua che lo sommergeva quasi completamente.
L’assistente di Modigliani era in piedi di fianco alla vasca, con le braccia nerborute poggiate sulle spalle del detective.
-questa è veramente una pessima idea, Modigliani. Un’idea veramente di merda. -
-silenzio, Bismarck. –disse il detective – hai portato quello che serve? -
Il nano aveva tre foglietti. In uno era disegnata una pistola, in un altro un mazzo di carte. L’ultimo foglietto era la fotografia di una donna. Bismarck li porse al detective. Questo li appallottolò e poi se li mise in bocca.
-molto bene. Procedi. -
-Capo, è sicuro che…-
-procedi! -
Bismarck immerse la testa di Modigliani nell’acqua. Il corpo del detective rimase immobile per qualche secondo, poi iniziò a mancargli l’aria. Le gambe si alzarono e sbatterono contro l’acqua. SPLASH, SPLASH.
Modigliani iniziava a spingere per tornare a galla.
-aiutatemi a tenerlo nell’acqua! - urlò Bismarck.
Le due ragazze lo fissarono, sconvolte.
-volete o non volete risolvere il vostro problema? Modigliani deve rimanere sommerso! -
In tre trattennero l’uomo nella vasca. Il corpo si contrasse per qualche secondo, poi cessò di muoversi.
-ma è…morto? - sussurrò terrorizzata Elena.
-è un po’ difficile raggiungere l’altra parte da vivi, non trovi? - sbottò Bismarck.

Modigliani si risvegliò…su una panca, alle poste.
Centinaia di persone, accalcate l’una sull’altra, attendevano che comparisse il loro numeretto nel tabellone colorato in alto a destra. La fila era disordinata, sparpagliata, ed ognuno si lamentava, borbottava, bestemmiava. Avevano tutti fretta. Chi doveva andare a prendere i figli all’asilo, chi voleva ritirare la pensione in tempo per vedere la partita, chi sbuffava dopo ore di attesa.
Modigliani si alzò e si diresse verso la macchinetta che sputava i numeri. Premette il pulsante e aspettò che uscisse il proprio turno. 422.  Quattrocento ventidue.
Alzò lo sguardo, erano ancora al numero dodici.
-che numero ti è toccato? - chiese un signore allampanato vicino a lui.
Modigliani gli mostro il numeretto.
-sei stato fortunato. Io quando sono arrivato avevo il duemila. -
Il detective sobbalzò.
-e quanto tempo hai aspettato? -
-sto ancora aspettando. Saranno tre ore che sto qui. Quel dannato tabellone sputa numeri a caso, senza alcun ordine logico. Io devo tornare a casa, c’è mia moglie che mi aspetta. -
Tre ore nel limbo equivalevano a cinquant’anni dall’altra parte. Modigliani non aveva tutto quel tempo a disposizione.
Si immerse nella folla, spintonando, scalciando, pestando piedi. Finalmente superò la bolgia di persone in attesa fino ad arrivare agli sportelli. Tre funzionari erano a lavoro. Uno stava parlando con una signora anziana, gli altri due parlavano tra di loro, incuranti della fila in attesa.
-certe cose non cambiano mai- sussurrò rattristato il detective. Poi si avvicinò allo sportello.
-cosa fa lei qui? – urlò scandalizzato il dipendente.
-devo parlare con il responsabile di questo posto infernale. –
La massa di questuanti dietro di lui iniziò a mormorare.
-fai la fila come tutti gli altri! - urlò il numero 44.
-deve tornare indietro e rimettersi in fila, signore- lo rimproverò severamente il dipendente allo sportello – o crede forse di essere più sveglio degli altri? Non appena comparirà il suo numero potrà farsi avanti. -
Modigliani scosse la testa, poi si avvicinò ancora di più al vetro dello sportello.
-so tutto di questo posto, amico. So benissimo che non siamo alle poste, che il mio numero nel tabellone non comparirà mai, e che lei non è un vero dipendente, anche se Dio solo sa quanto sia realistico il vostro teatrino. -
Il dipendente lo osservò estraniato, come se Modigliani gli avesse appena annunciato l’apocalisse. Prima che avesse il tempo di rifiatare, Modigliani ricominciò a parlare.
-fammi parlare con il titolare, oppure anche gli altri si renderanno conto di questa orrenda finzione. -
Il dipendente si grattava il mento, tesissimo.
-la smetta di dire stupidaggini e torni al suo posto. Non appena comparirà il suo numero potrà usufruire del servizio. -
Modigliani fece due passi indietro.
-il numero sessantasei! - urlò con tutto il fiato che aveva in gola.
Un uomo basso e mingherlino si fece avanti tra la folla. Aveva gli occhiali spessi come fondi di bottiglia, ed una faccia allungata come quella di un topo.
-sono io il sessantasei! - urlò di rimando – è finalmente arrivato il mio turno? Devo inviare un pacco a mio…-
Modigliani estrasse la rivoltella e la punto contro la faccia dell’uomo. Poi premette il grilletto. BAM!
L’uomo crollò a terra, stecchito. Un silenzio assordante piombò sulla folla vociante.
Poi sessantasei si rialzò in piedi, guardandosi le mani esterrefatto.
-è ancora vivo! - urlò qualcuno dalle prime file.
Modigliani si avvicinò di nuovo allo sportello.
-posso continuare tutto il tempo che voglio. Le poste sono finte, gli sportelli sono finti, la mia pistola è finta. Posso sparare tutti i colpi che voglio. Ma sempre più persone si renderanno conto della finzione. Il nonno si renderà conto di non poter ritirare la pensione. Il lavoratore appena licenziato di non poter inviare il pacco. Poi come terrete a bada tutta questa gente, non appena si renderà conto di non essere morta? –
Il dipendente ormai sudava freddo. Si guardava intorno, smarrito, cercando disperatamente l’aiuto dei suoi colleghi. Ma quelli si guardavano bene dall’accorrere in suo aiuto.
-te lo dico io- continuò Modigliani- il tuo titolare farà una riunione, e sarete costretti a lavorare sul serio. -
-lavorare? - urlò inorridito.
-esatto. Dovrete passare tutto il vostro turno a tenere a bada la gente che piange, urla, bestemmia, si contorce. Sai com’è, non è una cosa bella, scoprire di essere morti e spediti in un posto dove non succede mai niente. A confronto l’inferno sembra quasi una manna dal cielo, non ti pare? -
-va bene, va bene- sussurrò trafelato il dipendente. –c’è una porta alla tua destra. Il responsabile dell’ufficio si trova dopo il corridoio. Ma ti prego metti via la pistola! -
Modigliani sorrise.

Il detective superò il corridoio ed aprì la porta. La targhetta fuori titolava “responsabile del personale e dei servizi”. Dentro c’era una scrivania vuota. Senza computer, senza fogli. Soltanto un tavolo. Dietro, in compenso, si estendeva per chilometri e chilometri una serie di scaffali. In ogni scaffale, per quello che poteva vedere Modigliani, c’erano faldoni su faldoni di documenti.
Davanti, seduto comodamente su una poltrona di pelle, c’era un uomo alto e dal volto affilato.
-quando la smetterai con i tuoi giochetti stupidi, Philippe? -
Modigliani si sedette nella sedia davanti a lui.
-Parlare con te è stato più difficile di quanto mi aspettassi, padre. -
L’uomo posò i gomiti sull’enorme scrivania. Aveva le mani piene di anelli d’argento.
-ho fatto strada, figlio mio. All’inizio camminavo avanti e dietro tra le pratiche come un idiota. Ma ormai dirigo la baracca. -
Modigliani sospirò.
-un uomo di merda come te poteva fare successo soltanto in un posto disperato come il Limbo, padre. All’inferno ti avrebbero sbranato vivo, ed al paradiso non ti avrebbero accettato. Ma qui, nel luogo più banale e mediocre di tutto il creato, puoi finalmente essere un Re. -
-ti sei ammazzato per insultarmi, figlio mio, oppure hai una richiesta da farmi? –
Modigliani posò una foto sul tavolo.
-c’è questa ragazza, si è suicidata un mese fa. Ho bisogno che salti la trafila e che se ne vada subito in Paradiso. Le sorelle non hanno la pazienza di aspettare che voi burocrati vi spicciate. -
Il padre di Modigliani scoppiò a ridere.
-da quando è che ti sei messo a correre dietro alle cause perse, Philippe? Scommetto che per un incarico del genere non ti hanno nemmeno pagato. Le sorelline ti avranno fatto gli occhioni dolci e tu da bravo soldatino ti sei fatto ammazzare, non è vero? -
Modigliani ripensò al seno ed alla bocca di Elena sul suo corpo. Scacciò immediatamente quei pensieri dalla testa.
-non ti ho mai chiesto un cazzo nella mia vita. Da te ho ricevuto soltanto insulti, pugni e calci. Farai quello che ti dico oppure no? -
Il padre si alzò. Indicò con una mano tutti gli scaffali. Si allungavano per chilometri e chilometri. Centinaia di funzionari operosi si muovevano da una colonna all’altra trasportando sulle spalle faldoni pesantissimi. Uno dei dipendenti tamponò un altro. Entrambi finirono a gambe all’aria, centinaia di fogli che volavano e si mischiavano tra di loro.
-Qui dietro sono schedati tutti quelli che si trovano nel limbo. Ci sono i dossier aperti di ogni uomo, donna e bambino finito in questa terra di mezzo dimenticata da Dio e dal Diavolo. Ci sono persone che aspettano da centinaia di anni, e te vorresti che io mi occupassi personalmente di una ragazza morta l’altro ieri. –
Modigliani lo squadrò con disprezzo.
-esatto. Voglio proprio questo. Ma non ti chiedo di farlo gratis. Scommettiamoci su, che ne dici? -
Il padre sembrò finalmente interessato. Smise di giochicchiare con gli anelli che aveva sulle mani e fissò il figlio con un moto di entusiasmo.
-che scommessa? -
Il detective sorrise. Conosceva il suo pollo. Tirò fuori il mazzo di carte dalla giacca insieme al mucchio di fiches.
-una partita a poker. Se vinco, la ragazza viene liberata. -
L’uomo si rimise seduto. Afferrò il mazzo di carte ed iniziò a mescolarle con agilità.
-molto bene. Se vinci la ragazza viene liberata. Non ho alcun controllo sulla destinazione, potrebbe finire sopra o sotto. -
-non mi importa, basta che la lasci andare. Qualsiasi posto è migliore di questo. -
L’uomo sorrise.
-ma se perdi, rimarrai qui con me. Sarei il mio assistente personale per l’eternità. –
Modigliani deglutì.

Il corpo del detective era disteso sul pavimento pieno d’acqua del bagno. Elena piangeva. Caterina si muoveva freneticamente da una parte all’altra della stanza. Soltanto Bismarck sembrava mantenere una certa calma.
-è morto! - urlò Elena disperata.
-momentaneamente, si. -
Caterina si abbassò ed afferrò Bismarck per le spalle.
-cosa significa momentaneamente? -
-che dovremo rianimarlo, ma non ora. -
-ed allora quando? -
-quando avrà finito. Se avrà finito. Giove Pluvio quanto odio questo lavoro. -

I due giocatori si studiavano. Ciascuno di loro aveva un mucchietto di fiches davanti alle carte.
-sei sempre stato un pessimo giocatore di poker. - disse il padre.
-quando giocavamo avevo dodici anni, ed ogni mano che perdevi mi tiravi un cazzotto in faccia. Ero così terrorizzato che non riuscivo a mascherare le mie carte. Adesso le cose sono un po’ diverse, credimi. -
-vedremo. -
Modigliani sbatté un pugno sul tavolo.
-sei l’essere più meschino che sia mai esistito sulla faccia della terra. Sei diventato il Re del nulla. Comandi a bacchetta dei piccoli burocrati, le stesse facce grigie che hai odiato per tutta la vita. Eppure eccoti qui, tronfio e pieno di te nonostante tu sia riuscito ad essere un fallito anche da morto. -
Il padre rise.
-non mi odi. Vorresti, ma non puoi. Sono tuo padre, in fondo. -
-sia maledetto il mio nome ed il mio sangue, se non ti odio. -
-ed allora perché continui a fare il lavoro che facevo io? Perché hai ereditato la mia agenzia investigativa? Un figlio che odia il proprio padre avrebbe scelto una carriera diversa, no? -
-faccio questo lavoro perché non mi hai insegnato nient’altro. Non mi hai fatto nemmeno andare a scuola. Mentre i miei coetanei giocavano e si divertivano, io andavo a cacciare spettri e liberare case infestate con te. -
Il padre guardò le proprie carte. Infine sorrise.
-scommetto che tratti il tuo assistente come una merda, esattamente come io trattavo te. Che freghi i clienti e non hai amici, esattamente come me. Canticchi dead flowers degli stones mentre sei in macchina, giusto? -
Modigliani lo fissò. Uno sguardo pieno di rabbia e rancore.
-mi vesto come te, parlo come te, ho persino la tua stessa faccia. - sibilò il detective- ma io e te non possiamo essere più diversi. Mia figlia è morta amandomi e desiderando il meglio per me. Tu sei schiattato e nessuno ha più sentito la tua mancanza. -

-Philippe ha detto di avere un conto in sospeso col titolare del Limbo, cosa intendeva? - chiese Elena.
-Il titolare del Limbo è il padre. – rispose Bismarck. Aveva un cronometro in mano. Erano già cinquanta secondi che Modigliani era morto.
-il padre? Come è morto? -
- Stava picchiando per l’ennesima volta la madre davanti a Modigliani. Lui ha preso un coltello dalla cucina e l’ha sgozzato come un maiale. Adesso state zitti, per tutti gli Dei, che tra poco dobbiamo rianimarlo. -

Modigliani spinse con una mano il suo mucchietto di fiche al centro del tavolo. Avevano giocato un paio di mani, ma il detective aveva una certa fretta. Non voleva rimanere in quel posto per sempre.
-all in- annunciò il detective.
-punti tutto? - chiese il padre.
-si. Ci stai o no? -
Il padre lo guardò divertito.
-stai bluffando. -
-vieni a vedere, allora. -
Il padre trascinò stancamente il suo mucchietto insieme a quello del figlio.
Modigliani scoprì le carte e si alzò.
Chiuse le due mani a pugno, e poi fece lentamente salire i due diti medi, mostrandoli fieramente all’uomo seduto di fronte a lui.
-vaffanculo, stronzo. Ti ho fregato come un coglione. -
Il corpo di Modigliani cominciò a dissolversi.
Sul centro del tavolo c’era una scala reale.

-Avanti Elena! - urlò Caterina.
Elena stava effettuando la respirazione bocca a bocca sul corpo di Modigliani. Intanto, allo stesso ritmo, Bismarck premeva le sue braccia muscolose sul petto.
-avanti, pezzo di merda maledetto, risvegliati- urlò l’assistente.
Modigliani tossì. Alzò la schiena ed iniziò a sputare fuori tutta l’acqua che aveva nei polmoni. Elena sopra di lui urlò di gioia.
-sei ancora vivo! -
-così sembra- sussurrò Modigliani con la bocca ancora piena d’acqua.
Bismarck lo fissò con un’occhiata piena di rimprovero.
-qualche secondo ancora e saresti rimasto là per sempre. -
-era un’occasione troppo ghiotta per sfanculare mio padre, caro Bismarck. - poi ricambiò lo sguardo. Aveva gli occhi ancora vitrei, ma erano più vigili che mai – grazie per avermi riportato indietro, amico mio. -
Il nano si massaggiò i baffi lunghi e folti, sorpreso.
-non può pagarmi per sempre con le belle parole, Modigliani. Ma sono contento che sia ancora vivo-
Modigliani si alzò, improvvisamente pieno di vita.
-molto bene, signorine. - disse rivolgendosi alle due ragazze – vostra sorella uscirà presto dal limbo.-
-lo sappiamo. - dissero quasi in coro.
-come lo sapete? -
-l’abbiamo…sentito. Qualche secondo prima che ti rianimassi. - spiegò Caterina.
Elena gli si avvicinò.
-Grazie, Philippe- disse.
-Non ringraziarmi ancora, cara. - disse prendendola per mano. –perché adesso finiremo quello che avevamo iniziato a fare prima che quella scocciatrice di tua sorella ci interrompesse. -
Elena cercò di protestare, ma la reazione fu troppo debole. Modigliani si incamminò verso la camera da letto, fece entrare la ragazza e poi sbatté la porta.
Poi la riaprì per un attimo, facendo uscire solo la testa.
-Caterina? -
-si? - rispose la donna.
-se ti vuoi aggiungere sei la benvenuta. -

Il padre aprì il dossier di Jessica. Lo lesse velocemente e poi lo passò al suo assistente.
-voglio che la pratica sia risolta oggi stesso. Nessuna pausa caffè, nessun permesso speciale finché questo documento non viene archiviato. Chi si mostrerà indolente verrà severamente punito. –
L’assistente inchinò il capo.
-certo, signore. -
Il giovane fece per uscire dall’ufficio. Ma si fermò all’uscio.
-posso chiederle una cosa, capo? -
Il padre smise di giocare con gli anelli.
-ma certo. -
-sono cinquant’anni che lavoro qui. Ha fatto centinaia di partite a poker, eppure non ha perso mai. Credo che essere il titolare dell’ufficio le dia il potere di guardare le carte altrui. -
Il padre sorrise.
-cosa stai cercando di dirmi? -
-lo ha fatto vincere, non è vero? -
L’uomo si alzò in piedi. Rivolse lo sguardo dietro di sé, dove centinaia di impiegati si muovevano freneticamente per smaltire i giganteschi arretrati. Ogni cosa sarebbe rimasta uguale, ora dopo ora, fino alla fine dei tempi. Ma quel giorno l’avrebbe ricordato, nonostante tutto.
Il padre ripensò al proprio figlio. Non disse niente.
Si limitò a sorridere. 

Nessun commento:

Posta un commento