venerdì 4 gennaio 2013

Adinolfi, il mio termometro per misurare la paraculite.

Mario Adinolfi non è soltanto un blogger, uno scrittore, un conduttore televisivo ed un politico. Per me rappresenta anche un'inestimabile termometro. Quando voglio capire fino a che punto può arrivare il paraculismo, l'incoerenza, il piagnisteo, io mi collego su internet e cerco l'ultima dichiarazione pubblica del Marione nazionale.

Ho scoperto Adinolfi durante le primarie del 2007. Sono andato a votare e mi sono ritrovato il suo faccione tra i candidati. Mi sono chiesto chi diavolo fosse e, soprattutto, che senso avesse presentarsi ad una competizione in cui non si ha nessuna possibilità di vincere. Per farsi un po' di pubblicità gratuita, immagino. Ed infatti i voti di Adinolfi furono a malapena una manciata. Come tutte le volte che si è presentato alle elezioni senza listini bloccati, del resto. Ma quella è tutta un'altra storia.

Terminate le primarie, non ho più sentito parlato di lui per qualche tempo. Ma non potevo certo rimanere senza le sue perle su internet, il calcio ed il poker. Così mi sono messo a seguirlo su twitter. Tra i suoi numerosissimi difetti, Adinolfi è pure juventino. Va bene, anche questa è un'altra storia. Soprassediamo.

Alle elezioni politiche del 2008 Mario non entra in parlamento ed abbandona il Pd. Pur non avendo alcun ruolo di rilievo all'interno del partito, fa un sacco di rumore mentre esce, assicurandosi di sbattere la porta. Riconsegna la tessera al segretario del Pd scrivendo una lunghissima lettera di cui non frega niente a nessuno, figuriamoci a Bersani.

Il giorno dopo l'abbandono del centrosinistra, diventa grillino. Intendiamoci, non proprio grillino grillino, perché una porta per ritornare nell'ovile deve sempre lasciarla aperta. Diciamo vicino alla posizione di Grillo, va. Che fa molto democristiano, e quindi molto Adinolfi.

Divenuto ormai movimentista, Adinolfi si trova davanti un dilemma morale: con le dimissioni del sindaco di Civitavecchia ha la possibilità di entrare in parlamento. Qualcuno direbbe: non accetterà. Non scenderà a patti con i suoi principi. Lui è contro il listino bloccato ed ha strappato platealmente la tessera del partito di cui era candidato. E invece no. Lui può tutto, è Mario Adinolfi.

Quindi, realizzando un'operazione che farebbe impallidire persino un democristiano, minimizza il suo appoggio a Grillo ed entra come indipendente tra le fila del Pd. Voi vi chiederete: ma che cazzo significa? Non lo sa nessuno, neanche Adinolfi. Ma ubi poltrona, coerenza cessat.

Come scrisse Leonardo, c'è solo una persona peggiore di quella che sputa nel piatto dove ha mangiato. Quella che dopo averci sputato ritorna a mangiarci, come se niente fosse. Continuando a scambiare l'opportunismo per libertà di pensiero, l'incoerenza con l'indipendenza.

Adinolfi, che non se ne fa mancare neanche una, ha appoggiato Renzi alle ultime primarie, contribuendo attivamente alla sua disfatta. Le regole, ancora una volta, sono chiare: chi partecipa poi accetta il verdetto delle urne. Ma cosa vuoi che siano, per uno come Mario, le urne? Uno che è entrato in parlamento con il listino bloccato dopo aver stracciato la tessera del Pd ed averla rincollata con l'attack?

In barba a tutte le regole, in barba a tutte le promesse, e soprattutto in barba alla propria dignità, il giorno dopo aver terminato il suo mandato in parlamento Mario Adinolfi esce nuovamente dal Pd ed annuncia il suo appoggio a Mario Monti.

Con ogni probabilità il professore, visti i precedenti, si sarà toccato i coglioni.

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